I primi testi sul dolore
La priorità storica nella intera letteratura mondiale sul dolore spetta al testo “Fisiologia del dolore” di Filippo Lussana (1821-1897), un grosso volume di oltre 300 pagine, pubblicato nel 1880 da una piccola casa edi- trice milanese, la “Tipografia e Libreria di Giuseppe Chiusi”, che aveva l’officina in Via San Vittore 6 a Milano (Figura 7). Il Lussana venne ignorato fino ai nostri giorni e non lo troviamo citato in alcun testo sul dolore. È stata mia prima cura toglierlo dall’oblio e metterlo in evidenza nella storia della fisiologia del dolore. Un secondo testo assai noto anche al grande pubblico è “Fisiologia del dolore” di Paolo Mantegazza.
Mantegazza nacque a Monza nel 1831. Studiò medicina prima a Pisa e poi a Pavia. Nel 1860 divenne professore di Patologia generale alla Università di Pavia e successivamente venne nominato direttore della prima cattedra di Antropologia e di Etnologia a Firenze. Sempre a Firenze fondò il Museo di Antro- pologia ed Etnologia e la Società Italiana di Antropologia ed Etnologia. Fra il 1870 e il 1890 compì molti viaggi di esplorazioni scientifiche in varie parti del mondo. Morì a La Spezia nel 1910. Quindi Mantegazza fu patologo, medico, antropologo, esplo- ratore: una attività davvero eccezionale. Fra i molti libri da lui scritti troviamo, fra i più noti, “Fisiologia del piacere” e “Fisiologia del dolore”, quest’ultimo di oltre 400 pagine. Pur di piacevole lettura, lo si può considerare un vero e proprio testo di neurofisiologia. Emerge l’antropologo, che guarda ai fenomeni che si riferiscono all’uomo con occhio di acuto ricercatore senza lasciarsi coinvolgere troppo dai sentimenti. Raccontano che l’editore Bemporad fosse assai preoccupato che ne uscisse un testo troppo scientifico (con disastrose ripercussioni sulle vendite), ed avendo espresso all’autore questo suo timore, Mantegazza avrebbe risposto seccato “Sarà scientifico quanto basta”.
Foster (1836-1907)
Sulla inibizione centrale del riflesso spi- nale di fuga (withdrawal reflex) Michael Foster, docente di Fisiologia a Cambridge nel XIX secolo, e maestro di Sherrington, nel suo “Trattato di Fisiologia” (1883) scrive: “quando si asporta il cervello di una rana, si svolgono le azioni riflesse in grado molto maggiore che non quando l’animale è intatto. Vi deve quindi essere nel cervello un qualche meccanismo o altra cosa per impedire lo sviluppo delle azioni riflesse spinali. E sappiamo coll’esperienza che la stimolazione di certe parti del cervello ha un effetto notevole sull’azione riflessa. Questi vari fatti dimostrano chiaramente che il midollo spinale e tutto il sistema ner- voso cerebrale può essere considerato come un meccanismo intricato nel quale gli effetti diretti della stimolazione o dell’attività automatica sono modificati e governati dai freni posti dalle influenze inibitorie; ma abbiamo ancor molto da imparare prima di poter parlare con certezza del modo in cui opera questa inibizione”.
Luciani (1840-1919)
Quale progresso avessero raggiunto alla fine del XIX secolo le co- noscenze sulla modulazione encefalica del riflesso spinale, lo possiamo apprendere dal monumentale “Trattato di Fisiologia” di Luigi Luciani pubblicato negli anni fra il 1898 ed il 1902. “Le azioni riflesse di un seg- mento spinale – egli scrive – non dipendono soltanto dagli eccitamenti che pervengono ad esso dalle rispettive vie afferenti ma anche dalle in- fluenze che ad esso pervengono dagli altri segmenti del sistema nervoso. Queste influenze possono essere di tal natura da moderare o deprimere l’attività del centro spinale, oppure da esaltarla”. Luciani riconosce a Setschenow il merito storico di aver per primo introdotto e descritto in neurofisiologia il concetto di inibizione (1863) dimostrando altresì che “il mesencefalo è l’organo di controllo inibitorio dei riflessi spinali”. Da rilevare infine che nel XIX secolo vengono compiuti i primi tentativi di anestesie locoregionali e spinali.
Secolo XX: nascono le neuroscienze
Con il XX secolo inizia quella straordinaria successione di scoperte che viene raccolta sotto l’ombrello delle neuroscienze. Oggi il nome neuroscienze include un insieme assai, e forse troppo, eterogeneo di discipline tanto che molti sono dell’opinione che esso non rappresenti più un’unità culturale.
Golgi (1843-1926) e Cajal (1852-1934)
Alla fine dell’ottocento Camillo Golgi riuscì per primo a rendere visibili le cellule e le fibre nervose. Golgi nasce a Corteno, in provincia di Brescia, il 7 luglio 1843. Il padre, Alessandro, nato e laureato in medicina a Pavia, aveva ricevuto la condotta medica a Corteno nel 1838 e nel piccolo pae- sino bresciano si era trasferito con la moglie Carolina. Terzo di quattro figli, Golgi terminava gli studi liceali a Pavia, dove si iscriveva al corso di laurea in medicina. Giulio Bizzozero indirizzava Golgi verso l’anatomia microscopica e lo studio dell’istologia del sistema nervoso. Nel 1872 Golgi vinceva il posto di primario ospedaliero residente presso il Pio Luogo degli Incurabili di Abbiategrasso. Qui, l’anno successivo, in un laboratorio di fortuna attrezzato nella cucina dell’ospizio per cronici, Golgi scopriva la “reazione nera”, il metodo di colorazione che ha rivoluzionato la tecnica di osservazione microscopica del tessuto nervoso, permettendo finalmente di osservare la fine anatomia delle cellule nervose. La diffusione dell’utilizzo della reazione nera nella comunità scientifica internazionale portava in breve ad eccezionali progressi nelle cono- scenze della morfologia del sistema nervoso che accompagnarono una prodigiosa espansione nella comprensione della fisiologia del cervello. La scoperta di Golgi diventava lo strumento per la rivoluzione nelle indagini morfologiche microscopiche sul sistema nervoso e così l’elemento cruciale per la fondazione delle neuroscienze. Cajal seppe utilizzare scientificamente la scoperta di Golgi compiendo tutto un vasto attento lavoro di esplorazione del sistema nervoso nei vertebrati e nell’uomo e dare finalmente ai fisiologi la rappresentazione reale della struttura istologica del sistema nervoso. Adesso toccava ai fisiologi capire come funzionasse questo immenso intricato sistema di nuclei e di vie. Delineate anatomicamente le vie adesso si poteva studiarne la fisiologia. Per questa sua fondamentale scoperta Golgi ricevette nel 1906 il Nobel insieme all’anatomico spagnolo.
Sherrington (1857-1952)
Charles Sherrington è stato uno dei massimi fisiologi dell’era moderna e viene considerato il fondatore dalla fisiologia sperimentale. Ricevette il Premio Nobel per la medicina e la fisiologia, insieme ad Adrian, nel 1932. Fu professore di fisiologia a Oxford. I suoi studi furono rivolti principalmente alla trasmissione sinaptica, alla soglia sensoriale, al riflesso spinale (withdrawal reflex) e al suo meccanismo di modulazione. Il nome sinapsi venne introdotto da Sherrington alla fine del XIX secolo ma gli studi sulla fisiologia della sinapsi, poterono svilupparsi dopo che Golgi e Cajal ne ebbero illustrato la morfologia. La sinapsi è una microfenditura interposta tra un neurone e un altro allo scopo di stabilire fra essi un collegamento per la comunicazione. Jaques Monod nel suo testo “Il caso e la necessità” definisce la sinapsi come il “modulo fondamentale nella struttura del sistema nervoso”. La monografia di Sherrington “Integrative action of the Nervous System” viene considerata la più importante nella fisiologia del XX secolo. Infatti il fenomeno dolore, è un evento di soglia nella sua fase di ricezione, un evento di conduzione e di trasmissione sinaptica nella sua fase di trasmissione, mentre nella fase di percezione è un’ evento di integrazione delle afferenze sensoriali nei meccanismi della coscienza (cervello cognitivo e cervello emotivo).