Dopo aver visitato il paziente, definiti i meccanismi patogenetici coinvolti sulla base delle conoscenze fisiopatologiche e dei segni e sintomi rilevati, possiamo scegliere la terapia da prescrivere. Non si tratta più di decidere la terapia sulla base dell’intensità del dolore, ma su elementi clinici precisi e monitorabili rilevati nel singolo paziente. Il termine “combinata” vuole significare che, come è necessaria una sequenza di numeri prestabiliti per aprire una cassaforte (combinazione), è indispensabile associare i farmaci in base a criteri prestabiliti e agendo contemporaneamente sui diversi meccanismi patogenetici coinvolti.

Al fine di ottenere la massima efficacia e i minimi effetti collaterali è importante scegliere farmaci in base alla loro differente sede d’azione e alla differente azione farmacologica, tenendo conto delle possibili interazioni, dei differenti effetti collaterali, valutando i dosaggi opportuni. Si ottiene così un’analgesia bilanciata.

Non possiamo parlare di terapia combinata quando utilizziamo farmaci che agiscono sullo stesso meccanismo, anche se è vi può essere un risultato clinico migliore. Con il termine di terapia multimodale intendiamo invece un approccio analgesico che associa farmaci a tecniche antalgiche, a terapie cognitivo-comportamentali e riabilitative, quando ci troviamo di fronte alle forme di dolore persistente o cronico.

Sulla base di quanto fin qui scritto è possibile comprendere come sia indicato e utile associare un farmaco antinfiammatorio (FANS, steroide, Cox-B), al paracetamolo sin dal primo giorno di cura per agire contemporaneamente sul meccanismo dell’ipereccitabilità del terminale nocicettivo e sulla trasmissione sinaptica. In questo modo si limita la partenza di impulsi e si modula il passaggio sinaptico. Questa strategia per- mette inoltre di ridurre i dosaggi dei farmaci e quindi gli effetti collaterali e delle potenziali interazioni.

Farmaci che contrastano l’pereccitabilità del terminale nocicettivo

L’ipereccitabilità del terminale nocicettivo è determinata dall’abbassamento della soglia, causata dalla presenza di agenti sensibi- lizzanti, quali prostaglandine e citochine. L’intervento farmacologico è pertanto pri- mariamente indirizzato alla riduzione della sintesi di questi mediatori, al fine di ripri- stinare la soglia fisiologica del nocicettore. I farmaci che possono essere impiegati sono gli inibitori delle ciclossigenasi, FANS tradizionali e COXIB, e i corticosteroidi. I primi hanno prevalenti effetti inibitori sulla sintesi dei prostanoidi (prostaglandine, prostaciclina e tromboxano), mentre i corticosteroidi inibiscono sia la sintesi delle citochine sia l’espressione della COX-2 nelle cellule infiammatorie, pertanto interferendo anche con la sintesi di prostaglandine.

Farmaci che contrastano l’ipereccitabilità del sito ectopico

La propagazione di impulsi dal sito ectopico alle corna posteriori del midollo spinale è primariamente un fenomeno di attivazione dei canali al sodio voltaggio-dipendenti, modificati per numero e per sottotipi espressi nell’ambito del dolore neuropatico. Per tale motivo l’uso di bloccanti di tali canali, come gli anestetici locali, lidocaina, o gli anticonvulsivanti, carbamazepina o fenitoina, può essere particolarmente utile, soprattutto nel contesto di una terapia di combinazione, in cui si possono associare farmaci analgesici centrali. Un farmaco particolare è l’amitriptilina che possiede peraltro un duplice meccanismo d’azione come più avanti specificato. Nel caso della lidocaina è anche possibile utilizzarla in forma topica nel caso in cui ilpain generator sia sufficientemente superficiale, cioè a non più di 1 cm di profondità dalla sede di applicazione. In particolare, il cerotto di lidocaina può essere utilizzato nel trattamento della neuralgia post-erpetica, con l’enorme vantaggio di annullare gli effetti sistemici del farmaco e quindi anche le reazioni avverse.

Farmaci che contrastano l’ipereccitabilità del secondo neurone

Rientrano in questa categoria di farmaci diverse molecole con azione inibitoria sulla sinapsi spinale tra nocicettore e neurone spino-talamico.

Paracetamolo

Il paracetamolo è generalmente classificato tra i FANS, con i quali condivide le azioni antipiretica e analgesica, ma non quella antinfiammatoria. Tuttavia, anche se il paracetamolo è in grado di inibire in vitro la COX-1 e la COX-2, la sua potenza di inibizione è ridotta rispetto agli altri membri della classe. Inoltre, l’azione del paracetamolo è inibita in situazioni di elevata concentrazione di perossidi, come accade tipicamente nei tessuti infiammati. Per tale motivo il paracetamolo non possiede un’azione analgesica periferica sull’infiammazione e non è da considerare un antin- fiammatorio. Il paracetamolo attraversa con grande facilità la barriera emato-encefalica, distribuendosi omogeneamente in tutto il sistema nervoso centrale (SNC). Nel SNC il paracetamolo, dopo deacetilazione a p-aminofenolo, è coniugato con l’acido arachidonico da parte dell’enzima FAAH (Fatty Acid Amide Hydrolase) formando N-arachidonil-fenolamina, meglio nota come AM404. La struttura chimica dell’AM404 è molto simile a quella dell’anandamide, il più importante cannabinoide endogeno noto. AM404 è un inibitore del trasportatore responsabile della ricaptazione dell’anandamide, causandone l’accumulo sinaptico ed extrasinaptico e prolungandone gli effetti farmacologici. Notoriamente il sistema endocannabinoide svolge un ruolo nell’analgesia, pertanto il paracetamolo, attraverso il suo metabolita AM404, potenzia il tono endocannabinoide in numerose aree del sistema nervoso, con particolare riferi- mento ai gangli dorsali e alle corna posteriori del midollo spinale, dove il metabolita svolge parte della sua attività analgesica. Un secondo meccanismo d’azione dell’AM404 coinvolge i canali TRPV1. I TRPV1 sono stati originariamente descritti sulla superficie dei terminali nocicettivi periferici e partecipano al fenomeno di sensibilizzazione periferica che si realizza nel dolore infiammatorio, ma l’AM404 in periferia non si forma (l’enzima si trova soltanto nel SNC). I TRPV1 sono presenti in diverse aree del SNC, tra cui i neuroni del grigio periacqueduttale dal quale origina la via bulbospinale discendente inibitoria, che liberando serotonina nelle corna posteriori del midollo spinale inibisce la trasmissione sinaptica e svolge quindi azione analgesica. Pertanto, il paracetamolo attraverso il suo metabolita AM404, stimolando i TPRV1 presenti nel grigio periacqueduttale, potenzierebbe l’attività della via discendente, che liberando serotonina attiverebbe interneuroni inibitori che esprimono ad esempio recettori serotoninergici 5HT3. Pertanto, il paracetamolo possiede meccanismi d’azione unici e complementari rispetto agli altri farmaci analgesici che ne giustificano l’uso costante nelle terapie di combinazione e in formulazioni a dosi fisse con oppiacei (codeina, tramadolo e ossicodone) e FANS (ibuprofene). Oltre a queste proprietà farmacodinamiche, il paracetamolo presenta un eccellente profilo di sicurezza che lo ha reso il farmaco di prima scelta nel trattamento del dolore in molte linee guida internazionali. Il suo uso è indicato nei pazienti più fragili, come gli asmatici sensibili ai FANS, i soggetti allergici ai salicilati, i pazienti con gravi patologie CV, renali ed epatiche o con storia clinica di ulcera peptica.

Oppiacei

Gli oppiacei agiscono nelle corna posteriori del midollo spinale attraverso i loro recettori mu. La stimolazione dei recettori mu presinaptici causa l’inibizione dei canali al calcio voltaggio-dipendenti, la cui apertura è necessaria alla fusione delle vescicole sinaptiche con la membrana cellulare e quindi al rilascio di neurotrasmettitore. A livello post-sinaptico, la stimolazione dei recettori mu causa l’apertura dei canali al potassio, con conseguente iperpolarizzazione del neurone spino-talamico e sua ridotta eccitabilità. Pertanto gli oppiacei rendono il neurone di primo ordine “muto” e il neurone di secondo ordine “sordo”. Gli oppiacei vengono solitamente classificati in oppiacei forti e oppiacei deboli, con riferimento improprio all’efficacia analgesica. Infatti, la codeina non è un oppiaceo debole, ma semplicemente un profarmaco che viene normalmente convertito in morfina dal CYP2D6 in una percentuale del 10%. Quindi 30 mg di codeina vengono solitamente convertiti in 3 mg di morfina: la codeina non è un oppiaceo debole è solo un oppiaceo a basso dosaggio. Il tramadolo è viceversa un oppiaceo debole per quanto riguarda la componente oppioide, ma possedendo un secondo meccanismo d’azione di potenziamento delle vie discendenti inibitorie, l’efficacia analgesica finale può essere paragonata a quella degli oppiacei maggiori.

Un altro approccio, forse più utile sul piano dell’utilizzazione clinica, è quello di classificare gli oppiacei sulla base della velocità d’insorgenza dell’effetto analgesico: SAO (short-acting opioids), LAO (long-acting opioids), ROO (rapid onset opioids).

I SAO trovano indicazione nel dolore acuto e ricorrente, i LAO nel trattamento del dolore persistente e cronico e i ROO nel trattamento del dolore episodico intenso da cancro. Tra i SAO figura la codeina, che se è indi- stinguibile sotto il profilo farmacodinamico dalla morfina, presenta un profilo farma- cocinetico completamente distinto. Infatti la codeina, a differenza della morfina, attraversa liberamente la barriera emato- encefalica e viene convertita in morfina dal CYP2D6 espresso nel SNC 27. Pertanto l’effetto analgesico della codeina è rapido e anticipato rispetto a quello della morfina, facendone un farmaco di elezione nel trattamento del dolore acuto.

Ligandi della subunità alfa2-delta dei canali al calcio voltaggio-dipendenti

Con questo termine vengono identificati i gabapentinoidi, pregabalin e gabapentin, il cui meccanismo d’azione è quello di legarsi a questa subunità accessoria dei canali al calcio, modulandone l’attività. Come detto precedentemente, l’ingresso di calcio è responsabile del rilascio di neurotrasmettitore e maggiore è il numero di canali espressi, maggiore è la quantità di neurotrasmettitore rilasciato. Una situazione di aumento di canali al calcio a livello del terminale centrale del nocicettore si verifica nel caso in cui vi è lesione della fibra nervosa e quindi, come precedentemente detto, si instaura un sito ectopico ipereccitabile, come si trova nelle diverse forme di dolore neuropatico. I gabapentinoidi, legandosi alla subunità alfa2delta regolano il traffico cellulare dei canali promuovendone la rimozione della membrana cellulare. Quindi non bloccanti dei canali, ma regolatori del loro numero. Per tali motivi, i gabapentinoidi trovano indicazione elettiva e appropriata nel trattamento del dolore neuropatico. Poiché questi farmaci vengono eliminati dall’organismo senza subire metabolizzazione, sono scarsamente proni a interazioni farmacologiche su base metabolica, per- tanto sono utili nelle terapie combinate.

Benzodiazepine

Il neurone spino-talamico esprime recettori GABAa, che facendo passare ioni cloro lo iperpolarizzano, riducendone l’eccitabilità. Fisiologicamente, questi recettori sono stimolati dal GABA rilasciato da interneuroni, la cui attivazione da parte delle vie discendenti inibitorie è parte dei meccanismi di analgesia endogena. Le benzodiazepine modulano il recettore potenziando la risposta al GABA. Sebbene i presupposti farmacologici per l’uso delle benzodiazepine nel trattamento del dolore siano evidenti, il loro uso clinico è spesso stato controverso. Il clonazepam è la benzodiazepina che ha trovato applicazione nel trattamento del dolore neuropatico e in quelle forme di dolore associate a una componente muscolare spastica.

Antidepressivi

Le vie discendenti inibitorie che originano nel PAG (grigio periacqueduttale) e nel locus coeruleus sono costituite da neuroni che inviano i loro assoni nelle corna posteriori del midollo spinale dove liberano pre- valentemente serotonina e noradrenalina, anche se la presenza di dopamina è stata chiaramente documentata. Serotonina e noradrenalina, direttamente a livello sinaptico ad esempio stimolando recettori alfa2 adrenergici, o indirettamente attraverso interneuroni, ad esempio la serotonina su interneuroni GABAergici o oppioidergici, inibiscono il passaggio di impulsi tra il nocicettore e il neurone spino-talamico. Il potenziamento dell’attività di questi neurotrasmettitori ha un importante valenza farmacologica. A tale scopo sono stati impie- gati farmaci inibitori della ricaptazione di noradrenalina e serotonina, con particolare riferimento ai TCA (antidepressivi triciclici) e ai SNRI (inibitori della ricaptazione della serotonina e noradrenalina). Tra i primi spicca il ruolo dell’amitriptilina, che presenta, come già detto, anche un’attività inibitoria sui canali al sodio voltaggio-dipendenti, e tra i secondi la duloxetina. I TCA sono considerati attualmente i farmaci più efficaci nel trattamento del dolore neuropatico ma, considerato il loro meccanismo d’azione, possono essere utilizzati in terapie di combinazione, anche a basso dosaggio, per il trattamento del dolore nocicettivo. Trovano poi indicazione anche nel trattamento della fibromialgia.

Conclusioni

Il moderno approccio al controllo del dolore non può ignorare che la combinazione di farmaci a diverso meccanismo d’azione può essere la strategia che permette di coniugare efficacia del trattamento, bassi dosaggi dei principi attivi, limitazione degli effetto collaterali e delle interazioni. L’identificazione dei meccanismi patogenetici attraverso al visita medica, condotta con metodo, è fondamentale per la scelta dei farmaci da associare nella terapia combinata. La scelta dei farmaci da associare deve seguire alcuni criteri. Il primo criterio è che i farmaci abbiano meccanismi d’azione diversi in modo di agire con sinergia e preferibilmente in primis che agiscano in siti diversi. È razionale e appropriato associare un farmaco ad azione periferica (FANS, steroide, Cox-B) con uno ad azione centrale (paracetamolo, oppiacei).

Un secondo criterio è quello di scegliere le associazioni di farmaci che non inter- feriscono con le condizioni patologiche presistenti nel paziente. La percentuale sempre maggiore di anziani aumenta in modo esponenziale la presenza di cronicità e di politerapia. Le malattie CV sono quelle più frequentemente rappresentate, per cui in tali condizioni, tra i FANS, l’ibuprofene risulta essere il farmaco con più alto profilo di sicurezza, soprattutto se utilizzato in combinazione con analgesici centrali. Fra questi ultimi il paracetamolo a tutt’oggi è l’analgesico ritenuto più sicuro. Nei pazienti in terapia cronica con aspirina a basse dosi è necessario distinguere un trattamento molto breve, massimo di una giornata (in cui può essere appropriato l’uso di FANS come l’ibuprofene e il naprossene), da un trattamento che deve essere continuato per più giorni, in cui l’atteggiamento più prudente sembra essere l’utilizzo di acido acetil-salicilico a dosi piene (500 mg 3/die). Un terzo criterio riguarda le formulazioni dei farmaci. Associare due farmaci diversi può esporre al problema non irrilevante della aderenza terapeutica. È auspicabile che la ricerca farmacologica trovi in misura sem- pre maggiore combinazioni a dosi fisse di farmaci oggi già presenti e disponibili, come ibuprofene-paracetamolo, dexketoprofene-tramadolo, paracetamolo-codeina, parace- tamolo.tramadolo, paracetamolo-ossicodone), in modo da migliorare l’aderenza alla terapia del dolore. In particolare, l’introduzione dell’innovativa combinazione paracetamolo-ibuprofene, sfrutta la sinergia e la complementarietà dei due principi attivi, con esposizione al basso dosaggio di un FANS di comprovata e consolidata sicurezza e di un analgesico centrale efficace e sicuro. Di conseguenza, notevoli sono i risvolti per il paziente, che può contare sull’efficacia analgesica e antinfiammatoria della combi- nazione e un effetto analgesico più rapido e duraturo in tutte quelle condizioni infiammatorie associate a dolore. Nell’ambito della Medicina Generale il trattamento dei disturbi infiammatori associati a dolore acuto sono assai frequenti e sono responsabili degli accessi non programmati dei pazienti allo studio del proprio medico. La maggior parte di questi disturbi sono relativi alle alte vie respiratorie (sinusiti, faringiti, laringiti, ecc.), alla cefalea e al mal di schiena (lombalgia acuta). In particolare, nel low back pain acuto l’associazione paracetamolo-ibuprofene risulta essere più efficace del solo ibuprofene. L’associazione paracetamolo-ibuprofene consente di ridurre il rischio di incorrere in disturbi gastrici e di ridurre il rischio di eventuali errori posologici legati al numero elevato di compresse da assumere. Infine, affatto trascurabile, l’associazione offre il vantaggio di aumentare l’aderenza alla terapia prescritta dal medico.