La sindrome fibromialgica (FMS) è una malattia controversa ad eziologia sconosciuta. È caratterizzata da una storia di dolore cronico, bilaterale, della parte alta e bassa del corpo, muscoloscheletrico, associato al riscontro di dolorabilità in 11-18 o anche più punti, anatomicamente definiti punti ipersensibili dei tessuti molli (Te-Ps: Tender Points). Anche se le articolazioni dei pazienti con FMS sono apparentemente normali, l’importanza del disagio che provano e della limitazione fisica sono comparabili a quelli riportati dai pazienti affetti da artrite reumatoide (RA). Tra le altre manifestazioni cliniche, comuni ma meno costantemente associate alla FMS, si può ricordare la sensazione di “testa vuota”, perdita della memoria, insonnia, depressione, facile affaticabilità, colon irritabile e urodinia. La situazione è ulteriormente complicata dall’apparente comorbidità della FMS con una varietà di patologie reumatiche, infiammatorie, infettive e endocrine. Nonostante i vari tentativi di identificare anomalie istologiche nei tessuti molli dolenti, non è stata trovata alcuna alterazione. Il dolore diffuso e la bassa soglia al dolore stesso hanno permesso di ipotizzare il coinvolgimento di un meccanismo neurochimico. Varie sperimentazioni basate su questa idea ci hanno portato a immaginare la FMS come un’allodinia cronica diffusa. In studi eseguiti su animali, varie manipolazioni a livello di nervi e trasmettitori possono indurre allodinia. Le scoperte derivate da tali studi possono essere applicate all’individuo affetto da FMS. La serotonina è un mediatore riconosciuto nella regolazione del sonno profondo e nella percezione del dolore. La sua produzione appare alterata in molti pazienti con FMS. Una delle funzioni della serotonina è regolare il rilascio di sostanza P a livello del sistema nervoso centrale (CNS) alterando, così, la percezione della lesione tissutale. Nella maggior parte dei pazienti affetti da FMS, la concentrazione di sostanza P appare più alta nel liquor. Sembra che vi siano delle anormalità anche in diversi sistemi neuroendocrini e nei depositi di fosfato ad elevata energia. La sfida più importante dei prossimi anni sarà caratterizzare meglio la FMS, con un’attenzione particolare all’eziologia (fattori predisponenti, scatenanti e di mantenimento). Tali informazioni dovrebbero portare allo sviluppo di terapie più efficaci rispetto a quelle attualmente disponibili.
Segni e sintomi
Dolore diffuso
Il sintomo più rilevante della FMS è un dolore cronico, diffuso, a carico dei tessuti molli quali muscoli, legamenti, borse e tendini. Il dolore è stato descritto come persistente, diffuso, profondo, spiace- vole, pulsante, talvolta trafittivo, dolore associato a disestesie alle mani o ai piedi. I pazienti con questa sindrome mostrano tipicamente alti punteggi nel McGill Pain Questionnaire. Essi scelgono parole drammatiche per descrivere i loro sintomi e la veridicità di questi pazienti è stata spesso messa in dubbio a causa dell’eloquio drammatico e la mimica che mostrano.
Quando a questi pazienti si chiede di indicare su un diagramma corporeo il punto dove avvertono dolore, essi solitamente indicano dei punti bilateralmente, comprendenti gli arti superiori, quelli in- feriori, la parte posteriore del collo e anteriore del torace, e la regione lombare. Monitorizzare il decorso della malattia mediante diagrammi seriati quantitativi (in percentuale) sul dolore può fornire un metodo attendibile per studi sperimentali.

Punti ipersensibili
Il ritrovamento caratteristico di multipli TePs nella FMS, può essere evocato dalla pressione decisa (circa 4 kg/cm2) su ognuno dei 18 siti dei tessuti molli, ognuno anatomicamente ben definito, chiamati TePs. Per soddisfare i criteri ACR TePS, per formulare la diagnosi di FMS il paziente deve lamentare a tale pressione in almeno 11 dei 18 punti. L’iperalgesia è apparentemente localizzata nei tessuti molto profondi in quanto l’anestesia locale non ha effetto sulla intensità del dolore evocato da stimoli pressori profondi12. Nonostante questa apparente sensibilità caratteristica dei TePs alla pressione, non c’è alcuna evidenza che il tessuto che brucia sia istologicamente o funzionalmente anomalo.
Punti di controllo
Quando gli studiosi hanno esaminato l’applicazione della valutazione dei TePs sulle persone affette da FMS, venne osservato che c’erano punti del corpo a livello dei quali i pazienti presentavano poca sensibilità alla palpazione profonda. I cosiddetti punti di controllo (CPs) sono stati inizialmente utilizzati per verificare la specificità della dolorabilità a livello dei TePs. Secondo la teoria originale, se il paziente riferiva dolore dopo palpazione profonda dei CPs, ci doveva essere qualche motivazione psicologica (gua- dagno secondario) ad amplificare i sintomi a livello dei veri TePs. Questo concetto è stato abbandonato quando ci si è accorti che la minor dolorabilità sui CPs in realtà si correlava abbastanza strettamente con l’intensità dell’iperalgesia dei veri TePs. Ciò ha fornito un supporto importante all’ipotesi di un origine a livello del CNS anziché a livello del tessuto muscolare periferico nella patogenesi della FMS.
Allodinia
Gli individui sani in genere non percepiscono uno stimolo pressorio di 4 Kg come doloroso. Quindi, questo reperto nei pazienti con FMS sembra che indichi una soglia del dolore più bassa del normale e si identifica con la definizione clinica di allodinia. Per tale motivo la FMS può essere vista in modo meccanicistico come una “allodinia cronica diffusa”. L’allodinia viene definita come una situazione nella quale il dolore è evocato da uno stimolo normalmente non doloroso.
Sono stati studiati vari metodi per identificare il dolore e l’iperalgesia dei TePs:
- Contare il numero di TePs che sono dolenti in un dato momento in uno specifico individuo.
- Documentare la relativa intensità dell’iperalgesia alla digitopressione sui 18 TePs [qui chiamato indice dei punti ipersensibili (TPI: tender point index); alcuni autori lo chiamano mial- gic score (punteggio mialgico)].
- Riportare la soglia media del dolore (APT: average pain threshold) da un’analisi con algoritmi dei 18 TePs. Il TPI e l’APT sono correlati, ma l’APT mostra una maggiore attendibilità. Il TPI si correla abbastanza bene con il livello di ansia e depres- sione del paziente, non osservabile invece con l’APT.
- Documentare l’entità della distribuzione del dolore utilizzando un diagramma quantitativo del dolore.

Approcci terapeutici
Non esiste un singolo trattamento che sia efficace nel controllare i sintomi della FMS e nessun programma di trattamento pubblicato è stato accettato universalmente. L’approccio di gestione che io rac- comando inizia con un atteggiamento di accettazione nei confronti della malattia, continua con una valutazione clinica volta a porre un’accurata diagnosi, richiede l’educazione degli individui affetti in modo da coinvolgerli direttamente nel processo di cura e quindi si entra nel regno di interventi psicologici, fisici e farmacologici, i cui benefici sono mantenuti da uno stretto follow-up. La gestione mul- tidisciplinare del dolore è utile nei pazienti con tale sindrome.
Diagnosi
Quando un medico valuta un individuo con una storia di dolore, la valutazione dovrebbe includere un accurato esame sia delle articolazioni per ricercare segni di artrite sia dei tessuti molli alla ricerca dei punti di iperestesia al dolore. Nella maggior parte dei pazienti con FMS, quasi tutti i punti TePs saranno sintomatici e dolenti alla palpazione, alla prima presentazione clinica. Occasionalmente un paziente si presenterà con una singola area di dolore sintomatico (“dolore al petto” e “sciatica”), ma alla valutazione si osserverà una ipersensibilità, di cui egli non era consapevole, nella maggioranza degli altri TePs. A volte la presentazione con dolore generalizzato può essere così drammatica che viene definita “vampata” o “tempesta fibromialgica”.
Tests
Nonostante la ricerca di anomalie biochimiche riproducibili nella FMS, nessuna di tali misure è ancora indicata per uso routinario nella diagnosi clinica. La diagnosi di FMS è adeguatamente posta mediante un’anamnesi tipica e la valutazione dei TePs. I valori di screening (ad es., conta delle cellule del sangue, VES, pannello chi- mico, creatininchinasi, anticorpi antinucleo, fattore reumatoide, te- st di funzionalità tiroidea, skin test per la tubercolosi e forse test sierologici per la sifilide, spirocheta di Lyme o virus da sindrome da immunodeficienza acquisita in individui a rischio) aiutano a ricercare altre patologie cliniche che richiederebbero trattamenti separati. La FMS non è diagnosticabile con una radiografia, un’elettromiografia, una TAC, una RMN o una scintigrafia, per cui si dovrebbero utilizzare queste metodiche solo se altrimenti indicate.
Educazione
Il porre una sicura diagnosi solitamente ha l’ effetto di ridurre l’ uso da parte del paziente di risorse mediche come visite d’emergenza e metodiche di imaging costose. Tale beneficio risulta principalmen- te da una migliore comprensione da parte del paziente dei suoi sintomi. L’ educazione non può ridurre l’ intensità del dolore avvertito, ma può diminuire la preoccupazione del paziente circa la presenza di una malattia grave come il cancro. Materiali esaurienti da leggere, video e riunioni di gruppo sono sempre maggiormente disponibili per assistere il medico in questo campo, ma non c’è nulla di meglio del tempo speso dal medico. Le prime visite dovrebbero essere utilizzate per familiarizzare con la diagnosi e per far capire direttamente al paziente i fini del programma terapeutico.
Modalità fisiche
L’esercizio fisico è importante per il mantenimento delle capacità fisiche nei pazienti affetti da FMS. Il problema è che un esercizio fisico non abituale può provocare un intenso dolore al corpo per pazienti affetti da questa sindrome, che si tradurrà in un’inabilità fisica per parecchi giorni successivi. L’adattamento graduale ad un programma di esercizio progressivo di routine come cicloergome- tro, camminate, esercizi in acqua, a giorni alterni è solitamente ben tollerato. La maggior parte dei pazienti trova beneficio dal calore sotto forma di bagno caldo o con metodiche più professionali.
Farmaci
Anche se la maggioranza dei pazienti affetti da FMS assume regolarmente uno o più farmaci per os, nessuno di quelli di uso comune può essere considerato specifico e/o completamente efficace. Lo sviluppo di una terapia farmacologica specifica richiede una migliore comprensione delle anomalie biochimiche sopraelencate. Forse, per ottenere un miglior controllo dei sintomi, saranno introdotti farmaci futuri per aumentare i livelli piastrinici di serotonina e la concentrazione sierica di IGF-1 e ridurre la concentrazione liquorale di sostanza P. Nonostante questo, c’è una certa logica biochimica per farmaci che hanno dato un beneficio a pazienti affetti da FMS.
Gli schemi terapeutici più comunemente utilizzati includono l’uso a basse dosi di antidepressivi triciclici, sedativi-ipnotici e dosaggi analgesici di FANS. La letteratura riporta dati sul beneficio dell’amitriptilina, ciclobenzaprina, tramadolo e alprazolam. Tutti teoricamente aumentano la disponibilità di serotonina e sono stati valutati in studi controllati versus placebo. Un’ulteriore marginale riduzione della intensità del dolore può essere ottenuta aggiungendo, se ben tollerato, un FANS. Un tipico regime di mantenimen- to potrebbe essere costituito da amitriptilina (10-35 mg prima di andare a dormire) o ciclobenzaprina (2,5-10 mg prima di andare a dormire) associato a ibuprofen (400-800 mg bid) o un altro FANS.
In un studio, il tramadolo è stato utilizzato in dosi frazionate da 50 a 400 mg/die. È stato scarsamente tollerato da circa il 20% dei pazienti che presentavano nausea, sonnolenza, vertigini, prurito, stitichezza e mal di testa. In coloro che tolleravano almeno 50 mg di tale farmaco, c’era un quasi unanime sollievo dal dolore e persisteva per almeno 6 settimane. È probabile che tale farmaco troverà un impiego notevole nel trattamento della FMS. Nonostante questo, rimangono da chiarire molte questioni riguardo il suo utilizzo in questa sindrome. Sarà soggetto a tachifilassi avendo, così, beneficio da un periodo senza farmaco, come con i farmaci triciclici? Sarà dimostrata la sinergia con altri analgesici? Saranno ancora necessari ipnotici?bVisto che uno dei fini teorici con i farmaci triciclici era di aumentare i livelli di serotonina, sembra probabile che i nuovi inibitori, altamente selettivi, del reuptake della serotonina possano essere utili. Al momento è stato testato solo il primo approvato di questa classe (fluoxetina, Prozac), ma la maggior parte degli altri è stata testata clinicamente. La fluoxetina ha ridotto la gravità della depressione nel trattamento di gruppo ma non ha alterato significativamente la sintomatologia dolorosa. Un’ipotetica spiegazione è stata che i recettori muscarinici, istaminici o α1-adrenergici, sostanzialmente più influenzati dai triciclici rispetto alla fluoxetina, possono essere importanti nei meccanismi del sollievo dal dolore. La fluoxetina somministrata ai pazienti con FMS dovrebbe essere data al mattino in modo da evitare il peggioramento dell’insonnia. L’esperienza suggerisce che la combinazione di fluoxetina al mattino (10-20 mg) seguita da amitriptilina (10-35 mg) alla sera dà maggior sollievo dal dolore rispetto a ciascun farmaco da solo, evitando l’insonnia notturna o l’intontimento diurno che li può caratterizzare. Nei pazienti con FMS due enzimi della via glicolitica, che dipendono dalla tiamina pirofosfato (vitamina B1) come cofattore, sembra che abbiano bisogno di maggiori quantità di vitamina per svolgere un’attività ottimale. Non è chiaro se la somministrazione

In definitiva le Linee Guida più recenti indicano due opzioni terapeutiche:
– farmacologiche: amitriptilina, anticonvulsivanti, ciclobenzaprina, ormone della crescita, inibitori della monoamino ossidasi, antinfiammatori non steroidei (FANS), inibitori della ricaptazione della serotonina-noradrenalina, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, ossibato di sodio;
– non farmacologiche: movimento fisico, agopuntura, biofeedback, capsaicina, chiropratica, terapie cognitivo-comportamentali, idroterapia, massaggi, meditazione in movimento, mindfulness, terapie mente-corpo, S-adenosil metionina, terapie miste, altre terapie alternative.
Posto che la sola terapia oggetto di raccomandazione “forte” è risultata essere il movimento fisico, gli Autori hanno definito un approccio di cura articolato in 4 aree di intervento:
1. informazione e movimento fisico, eventualmente associato ad altre terapie non farmacologiche. In caso di risposta insufficiente, si dovrebbe sviluppare un approccio di cura altamente personalizzato e composto da una o più delle seguenti aree:
2. psicoterapia (ansia, depressione, catastrofismo, strategie di coping inefficaci);
3. terapia farmacologica (dolore, disturbi del sonno);
4. programma multimodale di riabilitazione (disabilità grave).
Gli Autori avvertono peraltro che gli effetti della maggior parte dei trattamenti sono relativamente modesti. Propongono quindi cinque aree di ricerca a cui dare la priorità nei prossimi anni:
– quale tipo di movimento fisico è più efficace? (aerobico, di forza)
– gli approcci di cura combinati (farmacologici e non farmacologici) sono più efficaci delle terapie singole?
– le persone colpite da fibromialgia presentano caratteristiche che consentano di predire la risposta alle terapie?
– come dovrebbe essere curata la fibromialgia quando si presenta associata ad osteoartrite?
– quali aspetti del sistema sanitario e quali profili specialistici permettono di ottimizzare i risultati delle cure?
I meriti principali dello studio sono quattro:
– il set di raccomandazioni non si basa più esclusivamente sulle opinioni degli esperti, ma anche sulle evidenze cliniche;
– propone un algoritmo di terapia aggiornato e razionale;
– evidenzia con limpidezza i limiti delle attuali opzioni di cura;
– formula suggerimenti motivati per la ricerca del futuro.
Cannabis e fibromialgia
Il sistema endocannabinoide svolge un’importante funzione nel nostro organismo, regolando funzioni vitali come umore, ritmo del sonno, infiammazione, appetito, sensazione del dolore e memoria (per citarne alcuni). La cannabis produce diversi tipi di cannabinoidi che sono noti per adattarsi, come delle chiavi alla loro serratura, ai recettori dei cannabinoidi presenti nel sistema endocannabinoide – ed hanno perciò la capacità di attivare l’organismo per fargli eseguire diversi processi. I due principali recettori di cannabinoidi presenti nel sistema endocannabinoide sono i CB1 e i CB2. I recettori CB1 si trovano soprattutto nel cervello sui neuroni, nel sistema nervoso, ed in certi organi e tessuti come la milza e il cuore. I recettori CB2 li incontriamo principalmente su cellule immunitarie chiamate Microglia, dove la loro funzione resta perlopiù incerta; svolgono comunque un ruolo di analgesico nel cervello. Attualmente stiamo giusto cominciando a capire come una deficienza di endocannabinoidi nell’organismo può essere connessa ad una serie di sintomi quali: rigidità muscolare, dolore cronico e rigidità muscolare estesa, affaticamento ed emicranie, problemi delle funzioni intestinali e urinarie, insonnia e disturbi del sonno, depressione e umore basso. Non c’è da meravigliarsi che la cannabis abbia una tal pletora di effetti positivi sulla salute quando si considerino questi semplici fatti; i cannabinoidi semplicemente collaborano con le funzioni del sistema endocannabinoide all’interno dell’organismo.
Cannabis, endocannabinoidi e fibromialgia
La fibromialgia è una condizione patologica che provoca tutti gli effetti sopra elencati. La causa di questa malattia è stata dibattuta a lungo, ma i ricercatori stanno cominciando a metterne in relazione i sintomi con il sistema endocannabinoide. “Deficienze nei livelli di cannabinoidi potrebbero essere la causa soggiacente di numerose patologie alleviate dalla cannabis” – scrive Ethan Russo, consigliere capo alla GW Pharmaceuticals, in una estensione del suo articolo originale sulla carenza clinica di endocannabinoidi (CEDC), in cui ha fatto notare che il sistema endocannabinoide collega il nostro cervello con certe parti del corpo e certe funzioni; per cui, uno squilibrio di cannabinoidi nell’organismo potrebbe causare disturbi nella comunicazione. Egli spiega che il THC può rimpiazzare l’endocannabinoide naturale dell’organismo – l’anandamide, che riduce l’ipersensibilità. Uno studio condotto dalla dottoressa Mary-Ann Fitzcharles, professore di medicina alla McGill University, ha indagato le proprietà curative dei cannabinoidi su 302 pazienti affetti da fibromialgia e 155 con un altro disturbo del dolore cronico. Hanno trovato che il 72% dei pazienti affermano di aver bisogno di circa un grammo di cannabis al giorno, o meno, per avvertire una significativa riduzione del dolore nelle loro vite. E questa è un’ottima notizia, perché significa che esiste un’alternativa potenzialmente più sana ed economica che potrebbe essere usata in tandem con gli oppiacei od in loro eventuale sostituzione. Spasmi muscolari, tensione, e disturbi del sonno sono le caratteristiche distintive della fibromialgia. Punti di attivazione situati al di sotto di muscoli contratti possono provocare dolore in differenti parti del corpo quando vengono sottoposti a pressione; ciò significa che gli spasmi muscolari si verificano con più probabilità durante la notte, interrompendo i ritmi del sonno. Una somministrazione notturna di cannabis può estendere il ciclo di sonno profondo ed aiuta ad addormentarsi. Il CBD (un componente non psicoattivo) trovato nella cannabis si è rivelato capace di aiutare a trattare i sintomi della sclerosi multipla (MS) in topi da laboratorio, ed è stato in seguito studiato come trattamento per numerosi sintomi connessi con spasmi e dolori muscolari. Ed anche questo ha delle implicazioni per i sofferenti di fibromialgia. Ciò dimostra che nella nostra ricerca di trattamenti potenzialmente sicuri, poco costosi, ed efficaci, la cannabis potrebbe trovarsi in prima linea. La maggior parte delle prove su cannabis e fibromialgia sono aneddotiche, ma la ricerca condotta finora è certamente positiva, e studi più estesi sono senza dubbio in programma per il futuro. Chissà, un giorno la cannabis potrebbe essere chiamata la risposta che stavamo cercando.