La sintomatologia dolorosa dovrebbe essere sempre adeguatamente valutata e trattata poiché l’omissione del sollievo dal dolore è inaccettabile sia dal punto di vista etico che morale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) insiste sulla necessità di trattare il sintomo dolore e il consumo di oppioidi in terapia è indicato come parametro di avanzamento sociale di una nazione. La Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organisations (JACHO) richiede, nei suoi standard di qualità, che tutti i pazienti vengano valutati per il dolore e che di conseguenza ne abbiano un trattamento adeguato. Nonostante ciò l’inadeguatezza del trattamento del dolore è ampiamente documentata e la percentuale di pazienti che non viene trattata è molto elevata. Esistono molte ragioni per cui il dolore viene gestito in maniera inadeguata, di queste alcune sono da riferirsi a false credenze quali la paura degli effetti collaterali degli Oppiacei oppure la convinzione, priva di fondamento scientifico, che la terapia antalgica ostacoli il processo diagnostico.

 

Un grande passo in avanti è stato fatto con la Legge n. 38 del 15 marzo 2010. Questa sancisce il diritto dei cittadini ad accedere alla terapia del dolore nell’ambito dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) ed obbliga i medici e gli infermieri al monitoraggio e alla cura del dolore che è a pieno titolo il quinto parametro vitale nella documentazione clinica, alla rilevazione del dolore all’interno della cartella clinica dopo appropriata misurazione e alla formazione del personale in tal senso. Un aspetto poco trattato riguarda il trattamento del dolore in emergenza sul territorio. Il trattamento del paziente in regime di emergenza-urgenza è spesso caratterizzato da cambiamenti fisiologici che richiedono una risposta terapeutica immediata. Data l’alta frequenza di questi cambiamenti, e l’elevato livello di attenzione che richiedono, gli operatori possono essere facilmente distratti da compiti meno urgenti ma comunque essenziali alla cura ottimale del paziente come la terapia del dolore. Il dolore acuto genera infatti una serie di modificazioni fisiopatologiche note come “reazioni da stress” (tra cui tachicardia, ipertensione, ipercoagulabilità ed immunosoppressione) che sono estremamente dannose per la salute del paziente. Anche dal punto di vista pratico un paziente che sente dolore tende sicuramente ad essere meno collaborante con il personale sanitario. Pertanto il trattamento del dolore in emergenza deve diventare sempre più tempestivo ed efficace per garantire un migliore esito delle cure e una risposta adeguata alle necessità del paziente. Negli ultimi venti anni è stata avviata e realizzata una profonda riforma della professione infermieristica, sia nell’aspetto ordinamentale che in quello formativo, quale esigenza di adeguamento all’evoluzione scientifica e tecnologica della sanità, che ha visto l’attribuzione di un sempre maggior grado di autonomia e responsabilità alla figura dell’infermiere. La somministrazione, anche da parte degli infermieri, di terapie farmacologiche, secondo protocolli condivisi ed emanati ufficialmente dal Direttore della Centrale Operativa 118 (concordati con il Responsabile Territoriale, nelle realtà nelle quali sussiste tale figura), si inquadra nel processo finalizzato alla tempestività del trattamento e spesso risulta essenziale per la salvaguardia della salute dei pazienti.

 

 

Analgesia in PS

In PS deve essere garantita un’adeguata valutazione del dolore, una tempestiva e appropriata analgesia, un frequente monitoraggio ed una rivalutazione del dolore con disponibilità di analgesia supplementare se richiesta. L’analgesia dovrebbe essere semplice da somministrare e specifica per la patologia presentata. Ove possibili ed indicate, andrebbero considerate le tecniche loco-regionali.

 

Analgesici sistemici:

Paracetamolo

Il paracetamolo è un farmaco largamente usato nel trattamento del dolore in urgenza. Nel dolore lieve (NRS 1-3) il paracetamolo rappresenta la prima scelta, al dosaggio di 1 g, ripetibile ogni 8 ore. Può essere utilizzato anche nella sua formulazione orosolubile. Per dolore di maggiore entità (NRS > 3), il paracetamolo è utilizzabile al dosaggio di 1g e.v.fino a 4 somministrazioni die.

 

Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (FANS)

Ketorolac, 30 mg ogni 6 ore, è indicato per trattare il dolore lieve-moderato di tipo muscolo- scheletrico, da trauma, da colica renale o biliare e in alcune forme di cefalea acuta. Prima di somministrare FANS è raccomandata un’anamnesi rapida finalizzata all’esclusione di eventuali allergie o controindicazioni (gastropatie, coagulopatie, insufficienza renale).

 

Tramadolo

Il Tramadolo può essere utilizzato nel dolore moderato-severo come singolo trattamento o in associazione con il paracetamolo. Nella gestione del dolore da trauma, il tramadolo e.v. è risultato un’accettabile alternativa alla morfina con dosaggi non superiori a 400 mg nelle 24 ore negli adulti, nei grandi anziani il dosaggio non deve superare 300 mg nelle 24 ore.

 

Oppioidi

In PS gli oppioidi vengono usati per il trattamento del dolore severo somministrandoli preferibilmente per via e.v. Le dosi dovrebbero essere aggiustate per età e titolate fino a raggiungere l’effetto desiderato (dimezzamento del livello di dolore iniziale o comunque NRS < 4), utilizzando la minima dose efficace. I pazienti trattati con oppioidi richiedono stretta osservazione, ove sia disponibile, il monitoraggio continuo con pulsossimetria, l’ossigenoterapia e il naloxone ( antagonista degli oppioidi), per i possibili effetti secondari di tali farmaci: sedazione, ipotensione e depressione respiratoria [29, 30] . La maggior parte dei pazienti riferisce un’analgesia efficace dopo 10 minuti dalla somministrazione e.v. di 0,1 mg/Kg di morfina seguita da 0.05 mg/Kg ogni 5 minuti. Nei pazienti emodinamicamente instabili o potenzialmente critici, la titolazione individuale con morfina e.v. va effettuata con dosi relativamente basse, pari ad 1-2 mg, ripetute ogni 5-10 minuti fino a raggiungere gli effetti desiderati. Occorre prestare particolare attenzione all’associazione tra benzodiazepine e oppioidi, in quanto l’uso contemporaneo di questi farmaci aumenta il rischio di depressione respiratoria e di desaturazione.

 

Fentanyl

Come per altri depressori del SNC i pazienti trattati con Fentanil devono essere tenuti sotto adeguata sorveglianza. Il Fentanil può essere somministrato solo in idonee strutture da personale sanitario addetto al controllo delle vie respiratorie. Il suo uso è off label al di là di queste indicazioni, ma non rappresenta una proibizione a priori per il medico di pronto soccorso purché si abbiano chiari i potenziali rischi e si sia in grado di fronteggiare eventuali eventi avversi. Stretto monitoraggio e capacità di gestire le vie aeree sono mandatori. Nella sua titolazione va riservata cautela ad alcune categorie di pazienti come gli anziani, i pazienti con insufficienza renale ed epatica e coloro che assumono alcuni farmaci come fluconazolo e ritonavir nonché, come comprensibile, altri sedativi o neurolettici. Uno dei vantaggi del fentanil, rispetto ad altri oppiacei come la morfina,vista la sua ridotta capacità di liberare istamina, è rappresentato da una minore induzione di nausea e vomito. Può essere usato secondo gli schemi posologici proposti per la analgo- sedazione: 25-100 mcg/dose ripetibili in boli refratti – 1-2 mcg/kg/h.

 

Midazolam

Il midazolam è una benzodiazepina ad azione ultrabreve. Ha un’azione immediata di sedazione, blanda miorisoluzione e amnesia anterograda. L’aggiustamento del dosaggio è fortemente raccomandato per ottenere il livello di sedazione desiderato in base alla necessità clinica, lo stato fisico, l’età e concomitante somministrazione di farmaci. Si utilizzano dosaggi di 0,03 a 0,3 mg/kg. Quando il midazolam viene somministrato con analgesici maggiori (oppioidi), questi devono essere somministrati per primi in modo tale che l’effetto sedativo del midazolam venga regolato con sicurezza sulla base della massima sedazione provocata dall’analgesico. In condizioni di particolare difficoltà nella somministrazione e.v. il midazolam può essere somministrato in bolo endonasale attraverso dispositivi di somministrazione endonasale (MAD) alla dose di 0.5 m/Kg o per aerosol alla dose di 1.5 mg/kg. In pazienti ipovolemici, vasocostretti o ipotermici la dose di mantenimento deve essere ridotta. Il livello di sedazione deve essere controllato regolarmente. Nei pazienti affetti da insufficienza renale severa, si è notato che la durata dell’effetto sedativo è di gran lunga superiore, probabilmente a causa dell’accumulo di un metabolita del midazolam. Può essere utilizzato per i pazienti che non tollerano la NIV.

 

Dexmedetomidina

E’ un farmaco che grazie alla sua relativa scarsa capacità di depressione respiratoria trova interesse sia dentro che fuori la sala operatoria e le unità di terapia intensiva. In particolare è degno di interesse il suo potenziale uso nei casi di fallimento della NIV per scarsa compliance36-38 Dexmedetomidina è un agonista selettivo dei recettori alfa-2 adrenergici con una vasta gamma di proprietà farmacologiche. Ha un effetto simpaticolitico attraverso l’inibizione del rilascio di noradrenalina nelle terminazioni nervose simpatiche. Gli effetti sedativi sono mediati dalla diminuzione dell’attività di scarica del locus coeruleus, il nucleo noradrenergico predominante che è situato nel tronco encefalico. La somministrazione di dexmedetomidina consente di ridurre la dose di analgesici. Gli effetti cardiovascolari dipendono dalla dose: alle velocità d’infusione più basse, gli effetti centrali predominano, portando alla diminuzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, a dosi più elevate, prevalgono gli effetti vasocostrittori periferici, portando ad un aumento delle resistenze vascolari sistemiche e della pressione arteriosa, mentre l’effetto bradicardizzante viene ulteriormente enfatizzato. La dexmedetomidina è relativamente priva di effetti depressivi respiratori. Il dosaggio consigliato varia da 0,2 a 1.4 mcg/kg/h. Nei pazienti in NIV i dosaggi impiegati sono stati inferiori andando da 0.2 a 0.7 mcg/kg/h Non ci sono aggiustamenti posologici da fare nei pazienti anziani o in quelli con insufficienza renale, i pazienti affetti da insufficienza epatica richiedono un’attenta riduzione dei dosaggi.

 

Tecniche loco-regionali

Gli anestetici locali topici o gli anestetici locali topici con adrenalina garantiscono analgesia efficace nel trattamento delle ferite in Pronto Soccorso. L’anestesia regionale fornisce un’analgesia sito-specifica, di alta qualità e scevra dai potenziali rischi di depressione respiratoria, sedazione e sanguinamento, tipici di oppioidi e FANS. Trova un’indicazione elettiva nella gestione del dolore post- traumatico in PS, in particolare per la frattura del collo del femore, le fratture costali, le lussazioni articolari e le emergenze delle estremità minori degli arti. Nella frattura del collo del femore il blocco femorale, garantisce un’analgesia superiore alla sola morfina e.v., riducendo l’utilizzo di dosi rescue. Nelle fratture costali l’utilizzo dei blocchi intercostali continui migliora la funzionalità polmonare, il controllo del dolore e riduce i tempi di degenza. Nelle lussazioni di spalla e nelle fratture degli arti superiori, l’esecuzione del blocco del plesso brachiale riduce i tempi di permanenza in PS rispetto alla sedazione. L’esecuzione dei blocchi nervosi periferici richiede tuttavia un training specifico. Occorre, quindi, implementare le conoscenze e l’utilizzo sistematico delle tecniche loco-regionali “di base (infiltrazioni s.c., sottofasciali, tronculari, plessiche con anestetici locali a lunga durata d’azione) da parte degli operatori dell’emergenza, allo scopo di ridurre e/o abolire il dolore post-traumatico e da procedure.

 

Approcci non farmacologici

Sebbene gli analgesici siano indispensabili per il controllo del dolore in PS, non deve essere trascurata l’importanza dei trattamenti non farmacologici. Questi includono l’apposizione di ghiaccio, l’immobilizzazione delle fratture, la gestione degli aspetti psicologici del paziente, cui è necessario spiegare cause del dolore e possibili evoluzioni allo scopo di ridurne l’ansia. Durante l’esecuzione dell’analgo-sedazione per dolore da procedure nei dipartimenti di emergenza, vanno garantiti gli stessi livelli di sicurezza previsti in sala operatoria per le procedure minori.

 

Condizioni speciali

Anziano

Nei dipartimenti di emergenza i pazienti anziani, che lamentano dolore, hanno meno probabilità di ricevere analgesici rispetto ai più giovani. In presenza di dolore lieve-moderato il paracetamolo 1000 mg per os 3 volte al giorno ovvero il paracetamolo iniettabile e.v. alla dose di 500-1000 mg ogni 6 ore è il farmaco di prima scelta. Le associazioni di paracetamolo con oppioidi deboli (codeina o tramadolo) sono una valida alternativa. I FANS non dovrebbero essere considerati agenti di prima linea e dovrebbero essere utilizzati con estrema cautela negli anziani, perché associati ad insufficienza renale ed incrementato rischio di sanguinamento dell’alto tratto gastroenterico. Tra i FANS, l’ibuprofene è la scelta più ragionevole, la sicurezza è massima se si utilizza per breve tempo alla più bassa dose efficace ( 200-400 mg per os 3-4 volte al giorno). Negli anziani i FANS ed i COX-2 inibitori dovrebbero esser sempre prescritti in associazione con un inibitore di pompa protonica. In presenza di dolore severo il farmaco di prima scelta nell’anziano rimane la morfina alla dose iniziale di 0,05 mg/Kg e.v.

 

Paziente in gravidanza

Le gestanti sono a rischio di non ricevere un adeguato trattamento del dolore o di non riceverne alcuno, per il diffuso timore associato all’utilizzo di farmaci in gravidanza. Gli analgesici più comunemente utilizzati in gravidanza sono il paracetamolo, i FANS e gli oppioidi. In accordo con la Food and Drug Administration (FDA) , il paracetamolo a dosi terapeutiche è sicuro in tutti gli stadi della gravidanza ed è classificato nella Categoria di Rischio B. Anche la maggior parte dei FANS sono classificati nella Categoria di Rischio B; tuttavia diversi trials hanno mostrato che l’esposizione prenatale ai FANS può incrementare il rischio di anomalie strutturali (difetto del setto interventricolare, ernia diaframmatica, ritardo di crescita intrauterina). Pochi dati sono disponibili sui COX- 2 inibitori, per questo vengono classificati nella Categoria di Rischio C. Gli oppioidi sono stati studiati prevalentemente nel terzo trimestre (analgesia da parto), pertanto poche informazioni sono disponibili sulla loro possibile teratogenicità. Tramadolo e codeina sono nella Categoria di Rischio C; fentanyl, morfina e ossicodone (Categoria di Rischio B) sono tutti egualmente efficaci, ma dovrebbero essere utilizzati con prudenza, soprattutto se la gravidanza è a termine, per il rischio di depressione respiratoria neonatale e/o della sindrome da astinenza neonatale . Nell’ultima fase della gravidanza, gli oppioidi sono nella Categoria di Rischio D. Non esistono analgesici nella Categoria di Rischio A.