Dal materiale didattico S.I.A.A.R.T.I.
Il dolore del parto è probabilmente il dolore più intenso che la maggior parte delle donne sperimenta nel corso della vita. L’era moderna della partoanalgesia è iniziata nel 1847, quando Dr James Young Simpson somministrò il dietiletere ad una donna durante il parto.
Nello stesso periodo al St. Bartholomiew Hospital di Londra Skey e Tracey eseguono un taglio cesareo in anestesia eterea, estraendo una bambina in condizioni ottime, mentre lo stesso Simpson sperimenta con successo l’analgesia con cloroformio durante il parto. Nel 1853 John Snow sottopone alla stessa metodica la regina Vittoria per la nascita del principe Leopoldo, e quattro anni dopo la ripete per la nascita della principessa Beatrice.
Da allora l’interesse pubblico e scientifico in questo campo dilaga. Nel 1885 Cornig realizza la prima analgesia epidurale, partendo dall’ipotesi che un medicamento iniettato nel canale vertebrale possa essere assorbito dalle vene intervertebrali e quindi essere trasportato al midollo spinale. Il primo ad utilizzare con successo le tecniche di analgesia loco-regionale in campo ostetrico è Soeckel nel 1909, ma è Aburel, nel 1931, a codificare la tecnica dell’analgesia epidurale continua in travaglio, messa poi a punto, tra gli anni 40 e 50, da Flowers e Dogliotti, su cui si basano le metodologie attuali.
FISIOPATOLOGIA DEL TRAVAGLIO DI PARTO
Classicamente il travaglio viene suddiviso in tre stadi:
• Il primo stadio, definito anche periodo dilatante, ha inizio con l’insorgenza di contrazioni di sufficiente frequenza, intensità e durata che completano la maturazione e il progressivo appianamento e assottigliamento della cervice uterina e ne determinano la dilatazione. Il primo stadio viene a sua volta suddiviso in due fasi: la Fase Latente, durante la quale il collo matura, si appiana e inizia a dilatarsi (fino a 3 – 4 cm) molto lentamente (< a 0,6 cm/h) e la Fase Attiva durante la quale la cervice uterina si dilata molto rapidamente (fino a 3 cm/h). Termina quando la cervice è completamente dilatata (circa 10 cm) in modo da consentire il passaggio della testa fetale.
• Il secondo stadio, definito anche periodo espulsivo ha inizio quando la dilatazione della cervice uterina è completa e termina con l’espulsione del feto. Durante il secondo stadio avviene la progressione del feto nel canale del parto
• Il terzo stadio o del secondamento termina con l’espulsione della placenta e delle membrane. Durante le ultime settimane di gravidanza vengono avvertite contrazioni uterine irregolari per frequenza,durata e intensità: sono le contrazioni di Braxton-Hicks. L’utero rimane relativamente quiescente nella prima metà della gravidanza. L’attività contrattile uterina aumenta invece sensibilmente nelle ultime settimane.

FIOPATOLOGIA DEL DOLORE DURANTE TRAVAGLIO DI PARTO
Il dolore del travaglio di parto ha delle caratteristiche peculiari: è un dolore acuto, che compare all’ improvviso e di durata limitata, costituito da una componente viscerale e da una somatica.
• Nel I stadio del travaglio il dolore è provocato dalla contrazione delle fibre uterine e dallo stiramento e dilatazione della cervice e del segmento uterino inferiore. Le contrazioni uterine contribuiscono al dolore da parto stimolando recettori e fibre appartenenti al Sistema Nervoso Vegetativo, fibre amieliniche C, a lenta velocità di conduzione, che raccolgono la sensibilità dolorifica dai plessi intrauterini, la convogliano attraverso i gangli cervicali di Frankenhauser, poi attraverso i plessi ipogastrici inferiore, medio e superiore, li trasmettono alle aree somatiche T10-L1, attraversando la catena del simpatico laterale. Lungo la stessa via, in senso opposto, decorrono le fibre efferenti, neurovegetative simpatiche, che partono dalle corna laterali del simpatico a livello T5-L2, e arrivano alle fibrocellule muscolari uterine, per governarne la contrattilità e il flusso ematico. Durante la fase iniziale del primo stadio il dolore è limitato ai dermatomeri T11 e T12.
• Quando il travaglio procede verso la fase attiva del primo stadio, corrispondente a una dilatazione di 3- 4 cm, il dolore diventa più severo, e si estende ai dermatomeri contigui T10 e L1. Clinicamente questo si traduce nel tipico “mal di schiena”, con dolore a fascia che colpisce i lombi, fino alla radice delle cosce. Il dolore generato da questo tipo di fibre è di tipo viscerale, sordo, indistinto, difficilmente localizzabile, “riferito” verso aree cutanee distanti dal sito d’insorgenza della stimolazione dolorifica, ma corrispondenti ai metameri innervati dagli stessi segmenti spinali.
• Quando la cervice uterina è completamente dilatata inizia il secondo stadio del travaglio: il dolore è dovuto alla distensione e allo stiramento delle strutture perineali in concomitanza della progressione fetale. Questo dolore tardivo è di origine perineale (dolore somatico profondo), e condotto da fibre mieliniche somatiche di tipo A-delta e C, attraverso i nervi pudendi, nel cui contesto decorrono e raggiungono infine le corna posteriori del midollo attraverso le radici posteriori del 2°,3° e 4° nervo sacrale. I dolore viene avvertito, localizzato dalla donna nei dermatomeri corrispondenti
EFFETTI SISTEMICI DEL DOLORE DA PARTO
Il dolore in travaglio di parto rappresenta un notevole stress per l’organismo materno dal momento che determina un’attivazione del sistema nervoso simpatico con conseguente increzione delle concentrazioni plasmatiche di catecolamine, sopratutto dell’adrenalina. Che queste risposte siano mediate dal dolore risulta evidente dal fatto che possono esser prevenute o abolite dai blocchi centrali.
4a) Effetti del dolore sul sistema respiratorio
• Iperventilazione con conseguente riduzione della PaCO2 e aumento del pH (alcalosi respiratoria)
• In assenza di somministrazione di ossigeno supplementare, nei periodi compensatori tra le contrazioni venendo a cessare lo stimolo respiratorio causato dal dolore si verificano episodi transitori diipossiemia materna e talora fetale
• a causa dell’alcalosi e della ipossiemia, si può osservare vasocostrizione del letto placentare conipoafflusso fetale, acidosi e decelerazioni tardive.
4b) Effetti del dolore sul sistema cardiovascolare
• Aumento della gittata cardiaca del 40-50% con conseguente aumento della pressione arteriosa sia sistolica che diastolica.
• L’incremento della gittata cardiaca e della pressione sistolica porta ad un considerevole aumento del lavoro del cuore sinistro che può provocare effetti deleteri in partorienti cardiopatiche, in partorienti con ipertensione indotta dalla gravidanza o ipertensione essenziale o con ipertensione polmonare o severa anemia
• riduzione del flusso ematico utero-placentare come conseguenza della vasocostrizione periferica
4c) Effetti neuroendocrini mediati dal dolore
• il dolore in travaglio determina un incremento di catecolamine, soprattutto di norepinefrina (NE) ad effetto alfa stimolante, con vasocostrizione e ipertono uterino con un concomitante decremento del 35-70% del flusso uterino.
• il rene cerca di compensare l’alcalosi respiratoria indotta dall’iperventilazione, aumentando l’eliminazione dei bicarbonati e contribuendo all’instaurarsi di una acidosi metabolica
• la noradrenalina, attraverso una stimolazione alfa recettoriale, provoca effetto uterotonico, ma anche regolarizzante l’attività contrattile uterina attraverso un meccanismo di dominanza fundica, mentre l’adrenalina, ad effetto beta stimolante, produce effetto tocolitico. Lo stress indotto dal travaglio aumenta in maniera abnorme l’increzione di adrenalina, determinando contemporanea riduzione dell’attività uterina, e prolungando il travaglio.
4d) Effetti del dolore sul feto
• fisiologicamente il flusso intervilloso placentare subisce una riduzione in concomitanza delle contrazioni uterine
• come conseguenza dell’alcalosi indotta dal dolore si può determinare vasocostrizione del letto placentare con ulteriore diminuzione della perfusione placentare
• l’alcalosi provoca uno spostamento a sinistra della curva di dissociazione dell’emoglobina materna con ridotta cessione di ossigeno al feto, vasocostrizione ombelicale
Anche se questi effetti sono ben tollerati in circostanze normali, il benessere fetale può essere influenzato in situazioni di riserva uteroplacentare limitate( per es. pre- eclampsia, malattie cardiache, diabete).
CONTROLLO DEL DOLORE DA PARTO MEDIANTE TECNICHE PERIMIDOLLARI
Sebbene il controllo del dolore del travaglio possa venire erroneamente considerato come qualcosa di non necessario o dannoso in realtà l’analgesia perimidollare si è dimostrata apportare sicuri benefici sia alla madre che al nascituro.
Benefici per la madre
• eccellente controllo del dolore
• riduzione del consumo di ossigeno
• riduzione dell’iperventilazione
• controllo dell’acidosi metabolica
• riduzione dell’increzione di catecolamine e di ormoni da stress• miglioramento del circolo placentare
• riduzione dell’ansia
• madri più rilassate e cooperanti
Benefici per il feto
( riflessi da quelli materni )
ridotta acidosi metabolica
migliorata circolazione placentare come risultato della vasodilatazione riduzione del consumo di O2 e miglioramento dell’ossigenazione
Esistono situazioni precise che possono essere considerate vere e proprie indicazioni all’analgesia perimidollare in travaglio:
• presentazione occipito-posteriore
• ipertensione indotta dalla gravidanza
• prematurità., ritardo della crescita intrauterina• travaglio prolungato
• contrattilità uterina non coordinata
• travaglio indotto
• pregresso taglio cesareo
• rimozione manuale di placenta post-partum
• parto prematuro
• malattie cardiache o respiratorie della madre• diabete mellito
• recenti interventi addominali
• possibile distacco di retina
Le controindicazioni all’analgesia epidurale si dividono in assolute e relative: Assolute
• Coagulopatie
• Sepsi locale
• Ipovolemia grave non corretta
• Conta piastrinica < 50.000 pit x mm3 • Trattamento eparinico ad alte dosi Relative • Pregresso intervento chirurgico alla colonna vertebrale • Infezioni sistemiche (sepsi)
Le caratteristiche che rendono l’analgesia perimidollare particolarmente utilizzata sono:
• efficacia: rende le contrazioni uterine percepibili ma in modo meno doloroso;
• sicurezza: per mamma e bambino grazie alle bassissime dosi di farmaco anestetico;
• flessibilità: per la possibilità di dosare la quantità di anestetico in base alla fase del travaglio e all’intensità del dolore;
• rispetto: consente di avvertire le contrazioni, camminare, spingere nel massimo rispetto del normale andamento del parto.
5a) TECNICHE
Attualmente l’analgesia loco-regionale perimidollare è la tecnica di più largo impiego per efficacia e sicurezza; è l’unica, in definitiva, che rispetta i criteri summenzionati con il più basso rapporto rischio- beneficio.
Quando si parla di analgesia anestesia loco-regionale perimidollare o neurassiale si fa riferimento essenzialmente al:
• blocco epidurale (continuo o intermittente)
• blocco spinale o subaracnoideo continuo o single shot• blocco combinato spinale-epidurale (CSE).
A tutt’oggi, il blocco epidurale è la tecnica più utilizzata; la spinale, infatti, ha un uso molto più limitato nel travaglio di parto , mentre si sta diffondendo l’uso della tecnica combinata spinale-epidurale (CSE).
Analgesia epidurale
L’analgesia epidurale consiste nel posizionamento di un cateterino nello spazio epidurale che si trova dietro al midollo spinale. La manovra viene effettuata, previa disinfezione cutanea, a livello lombare tra la 2° e la 3° o tra la 3° e la 4° vertebra lombare. La procedura inizia con la infiltrazione della cute e dei piani profondi con anestetico locale.. Si procede quindi all’introduzione, nello spazio peridurale lombare, di un apposito cateterino inserito tramite un particolare ago (ago di Tuohy 16 G) , posizionato nello spazio presente tra due vertebre lombari. Inserito il cateterino peridurale ed estratto l’ago, un’idonea medicazione assicura la sterilità ed il fissaggio del cateterino stesso alla cute. All’estremità del cateterino viene collegato un filtro antibatterico di sicurezza tramite il quale si può iniettare la miscela analgesica.
Analgesia subaracnoidea
Il blocco si ottiene con l’introduzione di oppioidi e/o anestetici locali direttamente nel Liquido Cefalo Rachidiano (LCR), attraversando con un ago di piccole dimensioni le due meningi che proteggono il midollo spinale, la dura madre e l’aracnoide.
La somministrazione in questo caso è unica e non può essere ripetuta come per il blocco peridurale. In realtà esiste la possibilità di eseguire una cateterizzazione dello spazio subaracnoideo, ma attualmente la letteratura ha ancora delle riserve per questa tecnica nella sua attuazione in caso del travaglio di parto.
Analgesia combinata spino-epidurale (CSE )
Questa tecnica consiste nella combinazione delle procedure utilizzate per l’analgesia epidurale e spinale. La metodologia più diffusa è quella dell’”ago-attraverso-ago”. Nello spazio intervertebrale prescelto si inserisce un ago epidurale all’interno del quale viene introdotto un ago subaracnoideo. La punta di quest’ultimo viene spinta fino a penetrare nella dura madre e si inietta la dose appropriata di miscela analgesia nello spazio subaracnoideo. Dopo aver ritirato l’ago subaracnoideo si inserisce un catetere epidurale, il cui ruolo è quello di prolungare l’analgesia o indurre anestesia mediante iniezione di boli successivi, una volta terminato l’effetto della prima dose. Il principale vantaggio di questa tecnica rispetto all’epidurale standard è dato da una più rapida insorgenza dell’effetto analgesico determinata dalla somministrazione subaracnoidea iniziale.