Il dolore acuto ci avverte di una ferita o di una malattia inviando un segnale al cervello che dice: “ecco dove ti sei fatto male, occupatene!“ . Talvolta però  la ferita può danneggiare sia i tessuti corporei sia le terminazioni nervose del sistema del dolore inducendo un dolore di tipo   „neuropatico“ per il quale apparentemente non c‘è una causa esterna. A quel punto anche le mappe cerebrali possono modificarsi e inviare continuamente dei falsi allarmi, facendoci credere che il problema è nel nostro corpo quando in realtà il corpo è guarito e il problema è nel sistema nervoso. Questo meccanismo è verosimilmente alla base di quello che viene chiamato arto „fantasma“. Tale quadro insorge tipicamente in pazienti cui è stato amputato un arto che continuano a sentirne la presenza e che nel 95% dei casi comprende un dolore cronico che non trattato tende a durare tutta la vita. Il dolore fantasma tormentava tipicamente i soldati che avevano perduto un arto in guerra, ma può colpire chiunque subisca un amputazione per i più svariati motivi e fa parte di una categoria più ampia di dolori misteriosi che hanno da sempre sconcertato i medici poiché non avevano un origine nota nel corpo.  Anche dopo interventi chirurgici di routine alcune persone soffrono di dolori post-operatori che durano tutta la vita: la letteratura riporta storie  di donne che soffrivano di dolore mestruale e del travaglio dopo la rimozione dell‘utero, oppure di uomini che continuavano a soffrire di un‘ulcera anche dopo che questa era stata curata e i nervi rescissi, così come di pazienti che sono stati operati di emorroidi e che continuavano a lamentare dolore  rettale.  Tali episodi diventano comprensibili se consideriamo questi dolori di tipo „fantasma“ come risultato di amputazione di organi interni e ci permettono di guardare sotto una prospettiva nuova anche molti dolori cronici che spesso etichettiamo come somatici perché l’organo non essendo stato amputato è in sede e ci risulta difficile pensare che il dolore non sia legato all’organo dove lo localizziamo bensì nel sistema nervoso che sta a monte. 

Quanti dolori diagnosticati come su base artrosica o da ernia al disco, ad esempio, hanno questa genesi? 

Il meccanismo alla base di questo fenomeno è la plasticità del sistema nervoso. Come abbiamo visto i circuiti del sistema nervoso sono in contatto tra loro tramite una miriade di connessioni sinaptiche.  Tale connettività ha la caratteristica fondamentale di essere dinamica, di modificarsi cioè in risposta all’attività sinaptica stessa e ad altri fattori. In altre parole l’esperienza ci cambia: il contatto con l’ambiente altera il nostro comportamento mediante cambiamenti del nostro sistema nervoso. L’apprendimento è il processo mediante il quale le esperienze cambiano il nostro sistema nervoso e quindi il comportamento. Questo processo consente in condizioni normali l’evoluzione del nostro sistema nervoso e ogni sorta di apprendimento fin dai primi istanti di vita e per tutta la durata della nostra esistenza.   

Risposte plastiche di questo tipo sono naturalmente più imponenti durante il periodo dello sviluppo ma persistono durante tutto l’arco della vita e consentono la riorganizzazione funzionale cerebrale in risposta ad alterazione delle esperienze sensoriali e motorie sia in condizioni normali che patologiche. Questa sorta di „rimappatura“ è sicuramente coinvolta nei dolori da arto fantasma e in generale nei dolori cronici,  in modo tale che „quando vogliamo perfezionarci, sviluppare o recuperare le nostre capacità la neuroplasticità è una benedizione, ma quando lavora al servizio del dolore può rivelarsi una vera e propria maledizione“ (Doidge, 2007). 

I meccanismi che ne sono alla base sono gli stessi coinvolti nell’apprendimento e i cambiamenti del sistema nervoso conseguenti alle esperienze sono quelli che noi chiamiamo ricordi. Sebbene risulti conveniente descrivere i ricordi come se fossero delle note poste in un casellario, sicuramente questa non è la modalità con cui le esperienze sono rappresentate nel cervello. Le esperienze non sono „archiviate“, piuttosto cambiano il modo con cui percepiamo, agiamo, pensiamo e pianifichiamo. Raggiungono quest’obiettivo cambiando fisicamente la struttura del sistema nervoso, alterando i circuiti neuronali implicati in percezione, azione, pensiero e pianificazione. 

Ciò avviene sia modificando morfologicamente la struttura del sistema nervoso (funzione dendritica e ramificazione assonale, neurogenesi, sinaptogenesi), sia attraverso cambiamenti strutturali e biochimici delle componenti presinaptiche e post-sinapstiche delle sinapsi. Nell‘’esperienza del dolore oltre ad una plasticità centrale sovramidollare che coinvolge i centri encefalici e le vie modulatrici discendenti, sono stati studiate in particolare la sensibilizzazione periferica e quella centrale. 

La sensibilizzazione al dolore

dolore_cronico_diffuso

Per sensibilizzazione intendiamo un processo in cui lo stimolo necessario per generare una risposta diminuisce nel tempo, mentre l’ampiezza della risposta a un dato stimolo aumenta (Magerl et al, 1998).  Presente anche nelle specie animali più semplici, consiste in una modalità di apprendimento a lungo termine che consente all’animale di generalizzare una risposta difensiva provocata da uno simolo nocivo e di estenderla ad una varietà di altri stimoli anche non nocivi. Può avvenire sia a livello periferico che centrale, a livello midollare ed extramidollare. Quindi si tratta di una sorta d’ipersensibilità a stimoli dolorosi, di mancata assuefazione ai  medesimi e in termini clinici a iperalgesia (risposta esagerata ad uno stimolo doloroso) e allodinia (dolore provocato da stimolo non doloroso). 

La sensibilizzazione periferica è dovuta all’interazione dei nocicettori con l’insieme delle sostanze infiammatorie rilasciate quando il tessuto è danneggiato. I mediatori dell’infiammazione contribuiscono al  processo interagendo direttamente con recettori o i canali ionici di membrana delle fibre nocicettive aumentando la loro risposta e favorendo l’instaurarsi di dolore spontaneo da infiammazione e iperalgesia. Così gli stimoli nell’area della lesione e nella regione che la circonda vengono percepiti molto più dolorosi di quanto siano, per un fenomeno di iperalgesia. Un esempio tipico è l’aumentata sensibilità alla temperatura che si ha dopo una scottatura solare. 

Meccanismi di sensibilizzazione:

– azione della bradichinina, responsabile della riduzione della soglia di attivazione dei canali               sensibili al calore, incrementandone la corrente. In questo modo l’incremento locale della  temperatura caratteristico dei tessuti infiammati potrebbe contribuire agendo sui recettori sensibilizzati alla genesi del dolore che accompagna l’infiammazione. In questo caso i nocicettori sono sensibilizzati solo a stimoli termici. 

– Azione delle prostaglandine, serotonina e adenosina, responsabili della diminuzione della soglia di attivazione dei canali voltaggio-dipendenti per il Na+ identificati nei neuroni sensoriali di piccolo calibro, ove contribuiscono alla genensi del potenziale d’azione. In questo caso i nocicettori vengono sensibilizzati a ogni tipo di stimolo. 

Inoltre all’arrivo di uno stimolo intenso i collaterali dei nocicettori cutanei si possono comportare come effettori liberando neuropeptidi proinfiammatori come la sostanza P, il CGRP, la somatostatina, che facilitano la sensibilizzazione dei nocicettori stessi (infiammazione neurogena)

La sensibilizzazione centrale (CS) midollare si riferisce ad un abbassamento della soglia di attivazione e un aumento immediato attività dipendente dell’eccitabilità dei neuroni del corno dorsale del midollo spinale in seguito ad alti livelli di attività nelle afferenze nocicettive. Le raffiche di stimoli ripetitivi in arrivo dai nocicettori innescano quindi l’ipereccitabilità dei neuroni di secondo ordine, il cui cambiamento sarebbe mediato da recettori NMDA, riduzione del magnesio e aumento del calcio e del glutammato (Silberstein, 2004). Gli effetti poi si propagano ad altre fibre che derivano dai meccanocettori in modo che stimoli meccanici che normalmente sarebbero innocui come lo sfioramento della pelle diventano dolorosi  per attivazione di neuroni di II ordine che ricevono afferenze nocicettive. E‘ per questo motivo che ad esempio durante un attacco di emicrania il paziente evita attività come lavarsi i capelli, barba, indossare occhiali o toccarsi il cuoio capelluto in quanto stimolando la pelle aumentano il dolore.  

L’induzione del dolore da parte di uno stimolo normalmente innocuo è detto allodinìa. Questo fenomeno si presenta subito dopo l’evento dannoso e può durare molto più a lungo del dolore provocato dall’evento originario. Appena il tessuto danneggiato guarisce normalmente la sensibilizzazione indotta dai meccanismi periferici e centrali lentamente diminuisce fino a sparire, in modo che la soglia del dolore torna ai livelli precedenti. Non così avviene quando sono danneggiate le fibre specifiche afferenti o le vie centrali, cosa che si verifica frequentemente ad esempio in caso di emicrania, diabete, herpes zoster o sclerosi multipla. 

Di fondamentale importanza per lo sviluppo della CS è anche il cosiddetto Sistema Antinocicettivo Discendente costituito da centri nervosi (PAG-RVM o Midollo Rostro-Ventro-Mediale) e fibre discendenti che attivate dallo stimolo doloroso agiscono sul corno dorsale con un controllo inibitorio analgesico. Tali meccanismi d’inibizione del dolore normalmente attenuano la CS. Queste vie discendenti dal sistema cortico-reticolare, locus coeruleus, ipotalamo, tronco cerebrale e interneuroni locali del midollo spinale in prevalenza utilizzano come neurotrasmettitori serotonina, noradrenalina, ma anche GABA ed encefaline.

Nella processazione della componente emotiva degli stimoli dolorosi indubbia importanza hanno i centri nervosi del cosiddetto “core emotivo”, costituito principalmente da: amigdala, ippocampo,  corteccia orbitofrontale e corteccia cingolata anteriore. Vi è evidenza che esercitano un effetto inibitorio sul circuito dell’amigdala (Kent et al., 2003).  Questi sistemi neurali sono coinvolti nelle risposte agli stressors, in quanto costituiscono i fattori principali nella traduzione degli stimoli ambientali in risposte comportamentali e / o fisiologiche (Le Doux, 1996). Essi rappresentano i regolatori primari del cosiddetto adattamento allostatico, dove con  il termine allostasi (da allos=cambiamento + stasis=stabilità), superamento del concetto di omeostasi, intendiamo la capacità dell’organismo di rispondere alle minacce in anticipo con un eccitamento al fine di mantenere un’ambiente interno stabile, quindi un cambiamento per mantenere l’omeostasi. La chiave di volta di questo modello è l’identificazione del cervello come mediatore primario di allostasi, cioè come principale punto di interfaccia tra un fattore di stress nel suo contesto fisico e sociale, e l’adattamento fisiologico e comportamentale dell’individuo a quel fattore di stress. Particolare importanza ricopre in tal senso l’amigdala, che“ rappresenta l’epicentro degli eventi coinvolti nella modulazione degli stati d’ansia, nell’animale come nell’uomo, con un ampio spettro di connessioni reciproche con le strutture corticali, limbiche, implicate nella risposta emozionale, cognitiva, autonomica ed endocrina allo stress. (Le Doux, 2000)”. 

Vi sono crescenti evidenze sperimentali (di neuroimaging e laboratorio) di disfunzionamento nel core emotivo, associati in particolare con disturbi psichici (Etkin et al,2007, Foland et al, 2008). Inoltre sono state riportate associazioni tra l’attivazione dell’amigdala e la regione polimorfica del gene trasportatore della serotonina (5-HTTLPR) (Munafò et al,2008). Uno stato d’iperattività dell’amigdala quindi appare sicuramente correlato con l’ansia, con gli stati di allerta, di snervante attesa nel dubbio di mettere in atto un cambiamento anticipatorio, allostatico, al fine di preservare l’omeostasi dell’organismo con tutte le implicazioni endocrine, autonomiche ed emozionali correlate. L’amigdala inoltre sta emergendo anche come un elemento importante della rete coinvolta nella processazione della componente emotivo-affettiva del dolore (Pedersen LH et al. 2007). Si pensa che essa sia un substrato fondamentale della relazione reciproca tra il dolore e disturbi come ansia. In un modello di dolore da artrite murina è stata dimostrata CS e plasticità sinaptica (Neugebauer et al., 2003) nel nucleo centrale dell’amigdala (CEA), il quale integra le informazioni correlate all’affettività provenienti dal circuito della paura-ansia con input puramente nocicettivi provenienti dalla via del dolore spino-parabrachio-amigdaloidea (Neugebaer et al, 2007). Una plasticità sinaptica correlata al dolore nel CEA è stato confermata anche in un modello di dolore neuropatico cronico (Ikeda et al, 2007 ). 

In conclusione un’esperienza oggettiva di dolore dopo che impatta con il sistema di rilevazione, trasduzione e processazione del messaggio diviene un’esperienza soggettiva, le cui caratteristiche dipendono da quelle del dolore (intensità e ripetitività),  ma anche del sistema rilevante. La percezione dolorosa finale dipende dall’interazione fra il sistema di trasmissione nocicettivo e quello di modulazione antinocicettivo. Un dolore diviene sintomatico quando vi è squilibrio tra questi due sistemi, con prevalenza della nocicezione sull’anti-nocicezione. Di conseguenza la CS viene favorita sia dalla persistenza e dalla intensità degli stimoli dolorosi, che da una processazione del dolore disfunzionante. Essendo i centri del core emotivo interconnessi con vie ascendenti e discendenti nocicettive, si può ipotizzare che la presenza di disfunzionamenti a questo livello possa favorire risposte altrettanto anomale nella processazione del dolore. Ove tali risposte disfunzionanti si prolungassero nel tempo, esse potrebbero produrre un aumento eccessivo di quel carico allostatico alla lunga così logorante per la salute del nostro organismo a causa dei danni ormonali, autonomici e immunologici che esso produce. E in termini di mancata inibizione della CS, ciò potrebbe tendere a favorire l’amplificazione della stessa e in termini clinici la cronicizzazione del dolore. 

Il dolore poi oltre che essere favorito da triggers, è  un trigger esso stesso, nel senso di stressor, quindi fautore di una risposta allostatica del S.N. Quando quest’ultima è disfunzionante appare verosimile che nel tempo possa provocare un’ipersensibilità o se volete una mancata assuefazione allo stressor stesso e quindi una ridotta antinocicettività, che sicuramente favorisce la cronicizzazione del dolore e l’aumento della disabilità del medesimo. Ciò potrebbe rappresentare l’anello di congiunzione fra la cronicizzazione del dolore e la presenza di alta comorbidità per disturbi emotivi. Ab origine generalmente esisterebbe sempre un primum movens doloroso periferico, sia che ci si riferisca ad emicrania, che a un trauma cranico,  a un colpo di frusta, al colon irritabile etc.etc. Se però il sistema di processazione emotiva dell’evento doloroso èdisfunzionante, ciò potrebbe produrre un’amplificazione, piuttosto che un’estinzione dell’evento stesso. Quando poi l’ampliamento dei campi recettivi sarebbe tale da portare alla diffusione del dolore oltre i suoi abituali territori d’innervazione, ciò finirebbe per favorire l’instaurarsi di fenomeni di diffusione estrema del dolore, dei quali le fibromialgie rappresentano l’esempio più emblematico. In conseguenza di tutto ciò appare probabile che la fibromialgia più che un dei tanti membri della famiglia delle CSS, rappresenti l’evoluzione estrema e cronicizzata di tante realtà dolorose periferiche.

Le sindromi da sensibilizzazione centrale del dolore CSS

Clinicamente la CS è caratterizzata da iperalgesia, allodinia, espansione dei campi recettivi (che ci può spiegare la tendenza a diffondersi del dolore cronico), prolungata scarica elettrofisiologica (che ci può spiegare la natura cronica del dolore) e da un dolore spiacevole post-stimolo (definito come bruciante, pulsante e parestesico) che dura più a lungo rispetto ai controlli dopo uno stimolo spiacevole. Essa tende ad autosostenersi senza ulteriori stimoli, a causa della neuroplasticità a lungo termine e a causa del notevole ipereccitamento complessivo dei neuroni centrali ci può spiegare l’ipersensibilità a molti stimoli ambientali (rumore, tempo, stress) e chimici (es. pesticidi e farmaci). 

La CS è caratteristica di numerose sindromi (13 sindromi secondo un lavoro di Yunus del 2008), tra cui: fibromialgia,  cefalea tensiva, sindrome del colon irritabile, disturbi temporo-mandibolari, sindrome da fatica cronica, la cistite interstiziale, sindrome uretrale femminile; sensibilità chimica multipla;  disturbo post-traumatico da stress; dismenorrea primaria. Un altro gruppo di lavoro (Kindle et al. 2009) definisce come CSS anche il Low Back Pain (dolore lombare cronico) e il Dolore Cervicale Cronico (che comprende anche il cosiddetto dolore da colpo di frusta cronico).

Le CSS generalmente presentano una serie di sintomi comuni, quali dolore, facile faticabilità, sonno disturbato, ipersensibilità agli stimoli dolorosi (iperalgesia), ipersensibilità a stimoli normalmente non dolorosi (allodinia), mutua associazione fra le CSS, presenza di disturbi   psichici (almeno in un sottogruppo di pazienti). 

In ogni caso i criteri nosografici in questo campo risentono ancora in maniera nefasta del dualismo mente-corpo di cartesiana memoria, che ha contribuito alla creazione di una sorta di “terra di nessuno” i cui disturbi sono stati spesso etichettati come psicogeni in quanto privi di lesioni evidenziabili. Inoltre la varietà dei sintomi ha fatto si che molti specialisti se ne occupassero in maniera segmentaria e senza la visione di insieme così che non si può arrivare ad una vera diagnosi e ad una corretta presa in carico.