La prescrizione di cannabis medica è il risultato di una decisione medica che ha lo scopo di migliorare la qualità di vita, minimizzare il dolore, favorire il riposo notturno e diminuire il consumo di altri farmaci. Tuttavia, essendo i cannabinoidi attivi sul sistema nervoso centrale, l’utilizzo di cannabis medica implica una particolare attenzione da parte del paziente, del medico prescrittore e del medico di famiglia.
Ottenuto il consenso informato, il medico spiegherà al paziente le modalità di utilizzo della cannabis, i potenziali rischi ed effetti collaterali. Sarà impegno del paziente aderire in modo rigoroso alla terapia.
In generale, é utile raccomandare ai pazienti di conservare la cannabis in un luogo sicuro e controllato al fine di evitare il facile accesso a bambini e/o adolescenti.
Gli effetti della cannabis sul sistema nervoso centrale possono essere non prevedibili per i nuovi assuntori. Pertanto, si consiglia di assumere la prima dose di preparato in ambiente tranquillo e soprattutto, sempre in
presenza di un’altra persona che possa avvertire un sanitario, se necessario. Per i pazienti affetti da gravi patologie cardiache e renali si raccomanda l’assunzione del farmaco sotto supervisione medica, in ambiente sanitario ospedaliero/ambulatoriale.
In nessun caso è raccomandato fumare la preparazione, in quanto è la via di somministrazione più suscettibile di determinare la comparsa di effetti indesiderati.
L’uso della sostanza vegetale può determinare positività ai test antidoping (Legge 376/2000), ai controlli previsti dal Codice della strada (Art. 187 del Codice della Strada: Guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti), o alle procedure per gli accertamenti sanitari stabiliti dall’Accordo stato- regioni dell’8 settembre 2008 sui lavoratori con mansioni a rischio.
La cannabis è una tra le sostanze psicotrope d’abuso più utilizzate. Essa può indurre dipendenza complessa, può provocare un danno cognitivo di memoria, cambiamenti di umore e percezioni alterate; può promuovere psicosi.
Infatti, la cannabis oltre a possedere un effetto antalgico, è in grado di modulare, in senso additivo, il sistema cerebrale della gratificazione e della ricompensa di qualsiasi individuo.
Questi effetti possono essere “valutati” e vissuti dal soggetto in diversi modi: in alcuni casi non rivestono un’importanza rilevante e non determinano alcuna alterazione dell’equilibrio psichico e comportamentale del soggetto; in altri, invece, possono rappresentare la base per l’inizio di un uso improprio di cannabis e dell’instaurazione progressiva di uno stato di dipendenza complessa.
Quando s’impiega la cannabis per uso medico, alle dosi terapeutiche raccomandate, solitamente inferiori a quelle per uso ricreativo, e non si utilizzano dosaggi sub-terapeutici, si riduce il rischio di dipendenza complessa. Si ritiene, pertanto, opportuno che il medico prescrittore valuti attentamente, in ogni soggetto eleggibile al trattamento, il dosaggio della sostanza utile nel caso specifico, tenendo conto anche delle aree problematiche correlabili ad un eventuale rischio di dipendenza complessa da cannabis del soggetto.
Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione
A causa dell’elevato effetto di primo passaggio epatico, in particolare nel caso di somministrazione orale di cannabis, possono verificarsi interazioni farmacocinetiche con farmaci, che sono metabolizzati attraverso gli isoenzimi del sistema del citocromo P450. L’uso simultaneo degli inibitori degli enzimi di cui sopra può aumentare la biodisponibilità di delta-9-tetraidrocannabinolo e con questo la possibilità di effetti indesiderati. Sono descritti effetti sedativi sinergici o additivi in seguito alla contemporanea assunzione di sostanze psicotrope come alcol etilico e farmaci come le benzodiazepine, antidepressivi, antiepilettici, barbiturici ed oppiacei.
Il ∆9-THC è ossidato dalla famiglia dei citocromi P450 (CYP) 2C9, 2C19, e 3A4. Pertanto, le sostanze che inibiscono questi isoenzimi CYP come alcuni antidepressivi (ad esempio, fluoxetina, fluvoxamina, e nefazodone), gli inibitori della pompa protonica (ad esempio cimetidina e omeprazolo), i macrolidi (ad esempio claritromicina ed eritromicina), gli antimicotici (ad esempio itraconazolo, fluconazolo, ketoconazolo, miconazolo), i calcio antagonisti (ad esempio, diltiazem, verapamil), gli inibitori della proteasi HIV (ad esempio ritonavir), amiodarone e isoniazide possono potenzialmente aumentare la biodisponibilità di ∆9-THC, nonché la possibilità di manifestare effetti collaterali correlati al THC.
D’altra parte, i farmaci che accelerano il metabolismo del ∆9-THC attraverso gli isoenzimi 2C9 e 3A4 quali rifampicina, carbamazepina, fenobarbital, fenitoina, primidone, rifabutina, troglitazone, e l’erba di San Giovanni (iperico, Hypericum perforatum L.) possono al contrario ridurre la biodisponibilità del THC e quindi la sua efficacia quando usato in un contesto terapeutico.
THC, cannabidiolo (CBD) e cannabinolo (CBN) sono noti per inibire gli isoenzimi CYP, come CYP1A1, 1A2 e 1B1. La cannabis può, quindi, aumentare la biodisponibilità di farmaci metabolizzati da questi enzimi. Tali farmaci comprendono amitriptilina, fenacetina, teofillina, granisetron, dacarbazina, e flutamide.
THC, carbossi-∆9-THC, CBD e CBN in vitro stimolano, e in alcuni casi inibiscono, l’attività del trasportatore dell’efflusso della P-glicoproteina. Ciò suggerisce un potenziale meccanismo aggiuntivo per cui i cannabinoidi possono influenzare l’efficacia e la tossicità dei farmaci co-somministrati. I medici devono, quindi, essere informati di altri farmaci che il paziente sta assumendo e monitorare attentamente i pazienti in trattamento con altri farmaci quando viene assunta la cannabis.
Si raccomanda, pertanto, di valutare sempre le possibili interazioni farmacologiche prima di prescrivere preparati magistrali a base di cannabis.
Gravidanza e allattamento
Una serie di studi ha dimostrato il passaggio transplacentare e nel latte materno del THC. Pertanto, l’uso di cannabis durante la gravidanza e l’allattamento dovrebbe essere evitato.
Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
L’uso di cannabis può ridurre il tempo di reazione ed abbassare la capacità di concentrazione. I soggetti in terapia dovrebbero essere esentati dalla guida di veicoli o dallo svolgimento di lavori che richiedono allerta mentale e coordinazione fisica per almeno 24 ore dopo l’ultima somministrazione di cannabis per uso medico.
Sovradosaggio
Una dose eccessiva di cannabis può causare uno stato depressivo o ansioso e può provocare attacchi di panico o psicosi. Questi sintomi dovrebbero scomparire spontaneamente in poche ore. Un eventuale trattamento al sovradosaggio dovrebbe essere indirizzato a curare i sintomi.