INTRODUZIONE

La canapa, il cui nome botanico è Cannabis sativa L. è una delle piante da più tempo conosciuta ed usata dall’uomo. Si discute sul fatto che sia stata da prima utilizzata come pianta destinata a propiziare riti divinatori piuttosto che per impieghi agricoli (fibra, carta o nutrimento). Infatti sono diversi e più antichi i siti archeologici che comprendevano residui della pianta, in contesti di usi curativi o religiosi.

Sino a quasi 20 anni fa, della canapa o meglio della Cannabis, se ne faceva un uso legato alla sua capacità di produrre molecole pressoché esclusive (i cannabinoidi), con le tipiche proprietà stupefacenti o terapeutiche (antinfiammatorie, cicatrizzanti o analgesiche). Le sostanze venivano usate nel loro insieme (fitocomplesso) così come si continua a fare con la quasi totalità delle piante per uso fitoterapico.

Infatti, le materie prime vegetali per la gran parte sono raccolte in ambienti naturali o coltivate, ma sempre da popolazioni naturali scarsamente selezionate. Solo alcune fonti di principi attivi vegetali, come quelli derivati dal papavero da oppio, euforbia, digitale, luppolo e cefalotassina sono state selezionate al punto da produrre profili chimici stabili ed uniformi. Ad esempio, per la Stevia rebaudiana sono stati selezionati dei genotipi (varietà) riprodotti vegetativamente per evitare che con la produzione dei semi si potessero indurre delle variazioni del profilo genetico e di conseguenza quello chimico.

Per la Canapa è avvenuta una cosa simile a partire da 15 anni a questa parte ed infatti si è passati da popolazioni che presentavano un profilo chimico variabile dovuto a variazioni genetiche, oltre a variazione dovuta alle modalità di coltivazione (in ambienti naturali). Con il progresso e con l’individuazione delle molecole responsabili dell’attività stupefacente (1964, scoperta della struttura e sintesi della molecola del THC), si è passati alla produzione di popolazioni monosessuate (semi femminizzati), sino a genotipi riprodotti vegetativamente attraverso il clonaggio partendo da un singolo individuo (madre). Solo con questo tipo di riproduzione si è potuto garantire la stabilità nel tempo e questa è una condizione fondamentale e obbligata per far rientrare la Cannabis nel repertorio delle fonti vegetali da cui derivare farmaci tradizionali o etici.

Sino a qualche lustro fa ed ancora adesso, esiste un mercato della canapa enorme e diffuso in quasi tutto il mondo che si basa sull’impiego di materiali vegetali di cui non è dato sapere con esattezza le origini e la composizione chimica. Questi genotipi sono nella disponibilità di organizzazioni criminali o singoli individui che operano nell’illegalità e di conseguenza non si sono mai rivolti a centri ufficiali, nazionali o internazionali, per la registrazione delle varietà perché non desideravano essere identificati e perché non riuscivano a garantire nel tempo la disponibilità di varietà costanti e soprattutto con uno stabile profilo chimico. Purtroppo questo sistema permea il mondo intero e fornisce, attraverso canali prevalentemente illegali, ma talvolta anche sul filo della legalità, semi di canapa non certificati che possono comunque circolare perché non contengono sostanze vietate (stupefacenti). L’esigenza di offrire anche ai consumatori ludici varietà stabili e sempre con potenza drogante maggiore ha indotto i produttori illegali di selezionare varietà unisessuate (femminili) e geneticamente uniformi. Ma in ogni caso, questo genere di mercato sementiero è assolutamente inaffidabile e tanto meno lo è quello che offre il prodotto già pronto al consumo (la così detta marijuana o ganja). I produttori e commercianti sono pagati a peso di prodotto scambiato e perciò tutte le tecniche lecite ed illecite messe in atto per arrivare a gestire maggiori quantitativi sono adottate, come applicare fitofarmaci sino agli ultimi giorni di coltivazione, l’applicazione di prodotti chimici che potenziano l’effetto stupefacente e anche sostanze inerti o tossiche che possono semplicemente appesantire il materiale prodotto.

LA STORIA

La pianta della Cannabis, conosciuta anche con il nome di marijuana e ganja (dal Sanskrito: गांजा – gañjā), è una piana straordinaria: rappresenta l’unica pianta al mondo che può essere utilizzata al contempo come droga o come fibra. Considerata la sua specificità, non stupisce che la sua coltivazione risalga ad almeno 10mila anni orsono. Le prove sono state trovate nell’isola di Taiwan (si legga Peter Stafford. 1992. Psychedelics Encyclopedia. Berkeley, California, United States: Ronin Publishing, Inc. ISBN 0914171518), come anche in alcune grotte nell’odierna Romania. Nata in Asia, probabilmente in Asia Centrale, la cannabis è utilizzata per scopi medici, spirituali, religiosi o ricreativi (tramite inalazione o vaporizzazione) da almeno 5.000 anni (si legga Richard Rudgley. 1998. Lost Civilisations of the Stone Age. New York: Free Press. ISBN 0-6848-5580-1). Sappiamo per certo che gli Ariani fumavano cannabis (Franck Mel, 1997, Marijuana Grower’s Guide. Red Eye Press. ISBN 0-9293-4903-2) e potrebbero essere stati proprio gli ariani ad insegnare le proprietà della cannabis sia ai popoli indiani (probabilmente ci si riferisce alla cannabis quando nei Veda, i testi sacri indù, si parla di allucinogeni intossicanti) che agli antichi assiri. Un trattato di farmacologia cinese attribuito all’Imperatore Shen Nung, datato 2737 a.C., contiene il primo riferimento all’utilizzo della cannabis come medicina.

Gli Antichi Greci amavano e idealizzavano il vino e non utilizzavano la marijuana per uso ricreativo, ma ci sono molti testi che attestano i loro commerci con popoli che mangiavano o inalavano la cannabis. Erodoto nel 5 a.C. scrive che gli sciti (popolazione seminomade di origine iranica) coltivavano e poi vaporizzavano la cannabis. In un’altra occasione, sempre Erodoto scrive che gli abitanti di alcune isole mediterranee buttavano la cannabis al fuoco e poi, “seduti intorno in circolo, inalano e vengono intossicatidall’odore, proprio come i Greci col vino, e più se ne butta più diventano intossicati, fino a che si alzano e ballano e cantano”.

Altri passaggi di Plinio, Marco Polo, Abu Mansur Muwaffaq e The Arabian Nights dimostrano senza ombra di dubbio che la cannabis era coltivata sia per la sua fibra sia per le sue proprietà psicoattive in tutta l’Asia, nel Medio Oriente e in gran parte dell’area del Mediterraneo sin dalla notte dei tempi. Ad esempio le vele delle navi dei Fenici erano di fibra di canapa.

La data in cui la cannabis è stata introdotta in Europa centrale, settentrionale e occidentale è sconosciuta, ma probabilmente risale ad almeno 500 anni prima di Cristo, in quanto a Berlino è stata ritrovata un’urna contenente foglie e semi di cannabisrisalente a circa 2.500 anni fa. Sempre qualche secolo prima di Cristo, prima dell’avvento dell’Impero Romano, vari popoli europei come i Celti e i Pitti coltivavano e utilizzavano cannabis.

Da allora in poi, in Europa la coltivazione della cannabis è stata comune, se non massiccia, per secoli. Vestiti di canapa sono stati comunissimi in Europa centrale e meridionale per secoli. Ma gli europei conoscevano, ovviamente, anche le potenzialità ricreative della pianta. Nonostante nel 1484 una bolla papale ne vietò l’uso ai fedeli, Francois Rabelais ne scrive ampiamente nel sedicesimo secolo. Nei secoli successivi, nonostante la condanna della Chiesa, l’utilizzo della cannabis a scopo ricreativo divenne una vera e propria moda tra gli intellettuali, tanto che a Parigi nacque il Club des Hashischins, o Club dei mangiatori di hashish, frequentato da poeti e scrittori del calibro di Victor Hugo, Alexandre Dumas, Charles Baudelaire, Honoré de Balzac e Théophile Gautier.

Dall’antichità fino all’industrializzazione, la canapa e’ stata utilizzata anche per fare la carta. La celeberrima Bibbia di Gutenberg, il primo libro stampato in Europa con la tecnica dei caratteri mobili, fu stampatata nel 1453 su carta di canapa importata appositamente dall’Italia. Alla fine dello stesso secolo, le vele delle navi delle caravelle di Cristoforo Colombo erano di canapa.

L’uso della cannabis era diffuso anche in Africa secoli prima della colonizzazione europea. Nel continente nero la cannabis era coltivata, utilizzata come fibra e come medicinale, inalata e a volte venerata in aree diversissime: dal Sud Africa al Congo al Marocco.

Nel diciottesimo secolo, la cannabis era diffusissima in Nord America. La maggioranza dei terreni del fondatore degli Stati Uniti, George Washington, erano coltivati a canapa. Anche Thomas Jefferson aveva una grande e remunerativa coltivazione di canapa. Nel 1850 negli Stati Uniti c’erano 8.327 piantagioni di canapa (ogni piantagione aveva come minimo 2000 acri di terreno), utilizzate soprattutto per la produzione di fibra. La Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti fu stesa su carta di canapa

LA CANNABIS IN EPOCHE PASSATE

La Cannabis è una pianta dioica annuale originaria dell’Asia centrale, più precisamente delle regioni della Mongolia e del sud della Siberia. In natura si trova in due sottospecie: Cannabis sativa e Cannabis sativa L. (comunemente chiamata canapa). A differenza della cugina Cannabis sativa, la canapa è priva di proprietà psicoattive. Nell’antichità l’uomo usava entrambe le specie per gli scopi più diversi. Le prime testimonianze scritte sulle prime colture di Cannabis e sui suoi usi risalgono al 5000 a.C., in Cina. Esistono numerose prove storiche ed archeologiche sull’uso della canapa nell’antica Cina, per produrre tessuti per l’abbigliamento, corde e carta. Inoltre, i suoi semi venivano usati per fare olio e alimenti. Il primo uso di Cannabis a fini terapeutici fu riportato dall’imperatore cinese Shen Nung: i cinesi sfruttavano le proprietà di questa pianta per alleviare dolori e problemi di gotta. Dopo la diffusione su tutto il territorio cinese, la Cannabis trovò la sua strada in Corea, nel 2000 a.C., da dove raggiunse l’India intorno al 1000 a.C.; come i cinesi, anche gli indiani scoprirono presto i diversi usi della Cannabis ed iniziarono a sfruttarla per produrre tessuti, alimenti e potenti medicine. La Cannabis iniziò presto ad avvicinarsi al Medio Oriente, nel 1400 a.C., dove fu ampiamente coltivata dagli Sciti, popolazioni nomade indo-europee. Furono gli stessi Sciti a portare la Cannabis fino in Ucraina e nelle zone meridionali della Russia, da dove iniziò la sua diffusione in quasi tutti i Paesi europei.Nei successivi anni  la coltivazione della Cannabis giunse anche in Africa: da quel momento, la pianta iniziò ad essere presente nella maggior parte dei Paesi d’Europa, Asia e Africa. La coltivazione e l’uso della Cannabis erano diventati ormai così importanti da essere tramandati da una cultura all’altra.

CANNABIS NELLA SOCIETÀ MODERNA

All’inizio del 19° secolo, la Cannabis viaggiò dall’Africa al Sud America e Messico. Con le prime grandi ondate di immigranti messicani verso i confini statunitensi (1910-1911), in pochi anni la Cannabis raggiunse anche gli USA. Fu proprio qui che l’era pacifica della coltivazione e dell’uso della Cannabis ebbe termine, dando spazio ad un turbolenta e violenta Guerra alle Droghe. Il consumo di Cannabis, purtroppo, iniziò ad essere associato ad atti criminali commessi dagli immigrati ispanici ed i pregiudizi verso l’erba iniziarono a diffondersi un po’ ovunque. I giornali dell’epoca sembravano interessati a mettere in cattiva luce la marijuana, contribuendo così alla definitiva criminalizzazione della Cannabis in tutti gli Stati Uniti. Il primo Stato che vietò l’uso della marijuana fu lo Utah, nel 1915. Molti seguirono il suo esempio e nel 1931 la Cannabis era diventata ormai illegale in 29 stati. Il lavoro condotto dall’Agenzia Federale sui Narcotici e dal commissario Harry Aslinger nel 1937 permise l’approvazione della Marijuana Tax Act, una dura legge che criminalizzava il possesso e l’uso di Cannabis su tutto il territorio statunitense. Ancora oggi, molti sospettano che furono le potenti lobby del petrolio e della carta, minacciate da un prodotto competitivo come la canapa, a far pressione per proibire la Cannabis. Questi ripetuti episodi influenzarono le leggi federali, spingendo i governi dell’epoca a regolamentare o vietare duramente la produzione di canapa.

Oggi, il governo federale classifica ancora la marijuana come una sostanza pericolosa della categoria Schedule I, definendola una droga dagli alti rischi di abuso e dipendenza, assolutamente priva di proprietà medicinali riconosciute. Pur rimanendo illegale in molti Stati degli USA e in diversi Paesi dell’UE, l’approccio verso la Cannabis sta lentamente cambiando. Nel 1976, l’Olanda depenalizzò l’uso della Cannabis e dal 1980 questa pianta iniziò ad essere legalmente venduta al dettaglio nei famosi “coffeeshop”. Anche i più recenti Cannabis Club privati aperti in Spagna stanno sensibilizzando la cittadinanza ad un uso più responsabile di questa sostanza. La Repubblica Ceca legalizzò pochi mesi fa la Cannabis a fini terapeutici, esclusivamente destinata a persone autorizzate al suo acquisto ed uso, in possesso di una regolare prescrizione medica. Tuttavia, questo Stato sta tuttora lottando per produrre la propria Cannabis, necessaria per soddisfare la domanda dei consumatori a fini medicinali. Negli ultimi anni, la percezione degli Stati Uniti rispetto al consumo di Cannabis è notevolmente cambiata e, grazie ad una crescente consapevolezza nazionale, oggi 32 Stati hanno legalizzato la marijuana con fini terapeutici. Grazie alle numerose ricerche scientifiche che hanno confermato il potenziale terapeutico di questa pianta, la Cannabis sta lentamente rientrando in scena dopo tutti questi anni di proibizionismo. Ci auguriamo che questa lunga tradizione continui a mostrare i suoi risvolti più benefici, per essere nuovamente considerata una pianta dalle eccezionali potenzialità, sia mediche che economiche, esattamente come accadeva molti anni fa.

LE ORIGINI DEL NOME

Il nome Cannabis deriva dalla parola greca κάνναβις (kánnabis), in origine usata dalle popolazioni scite. Anche il nome canapa potrebbe derivare da una variante di una parola coniata dagli sciti. Più tardi, le espressioni scite di Cannabis e canapa iniziarono a diffondersi in tutte le lingue indo-europee. Nel 1548, il Dizionario Oxford English riportò per iscritto il suo primo uso con l’espressione Cannabis sativa. Il nome marijuana o marihuana, usato per indicare la Cannabis sativa, ha più di un’etimologia popolare. L’uso della parola marijuana ebbe origine in Messico, tra i nativi ispanici messicani, ed era associata al nome femminile di Maria Juana. Tuttavia, questa connessione non è ancora del tutto chiara. Dal 1930, la stampa iniziò a riportare questo nome straniero un po’ ovunque, dando alla Cannabis una connotazione molto più negativa e pericolosa. In questo modo, riuscirono a convincere il popolo americano a disinteressarsi della pianta. Altri ancora, invece, sostengono che il nome marijuana derivi dalla parola cinese “ma”, canapa. Si narra che alcuni esploratori cinesi fossero soliti indicare i fiori di Cannabis con la parola “ma ren hua”, che letteralmente significa fiori di semi di canapa. In un secondo momento, questo termine potrebbe essere stato preso dai nativi spagnoli delle Americhe, dando così origine all’altra possibile fonte etimologica.

 

L’utilizzo della cannabis a scopo terapeutico è sempre più diffuso a livello internazionale. In Italia, sin dal 1998 i medici sono autorizzati a prescrivere preparazioni magistrali a base di cannabis per uso terapeutico, tramite ricetta non ripetibile. Successivamente, con il DM 23 gennaio 2013 il Ministero della Salute ha inserito nella sezione B della Tabella dei Medicinali i medicinali stupefacenti di origine vegetale a base di cannabis: sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture. Il medico può dunque oggi prescrivere prodotti a base di cannabis a fini terapeutici e qualsiasi farmacia, se rifornita della sostanza, può dispensare prodotti a base di cannabis sotto forma e dose di medicamento secondo prescrizione medica.

 

Studi sulla cannabis

La Cannabis è stata studiata per numerose applicazioni terapeutiche, alcune delle quali elencate qui sotto (in grassetto quelle riconosciute come “usi consentiti” dal Decreto 9 novembre 2015. ATTENZIONE: “usi consentiti” NON significa né “indicazioni terapeutiche” né “indicazioni autorizzate”):

  • Dolore (neuropatico, oncologico, cronico)
  • Spasticità da Sclerosi Multipla
  • Nausea e vomito in chemioterapia
  • Stimolazione appetito nell’AIDS o cancro o anoressia nervosa
  • Sindrome di Tourette
  • Glaucoma resistente
  • Epilessia
  • Fibromialgia
  • Malattie infiammatorie croniche intestinali (morbo di Crohn, colite ulcerosa)
  • Sindromi ansioso-depressive
  • Sindromi da astinenza nelle dipendenze
  • Spasticità nelle lesioni midollari (tetra/paraplegia)
  • Traumi cerebrali
  • Ictus
  • Cancro al cervello, alla prostata, al seno, ai polmoni
  • Leucemia
  • Artrite reumatoide
  • Allergie
  • Asma bronchiale
  • Malattie autoimmuni (lupus eritematoso)
  • Malattie neurodegenerative (morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson)
  • Patologie cardiovascolari
  • Schizofrenia

Sostanze attive presenti nella cannabis

TIPI DI CANNABIS

In natura esistono tre diverse tipologie di cannabis distinte in base al contenuto di THC, abbiamo:

  • la Cannabis Sativa, la più comune, che contiene una percentuale minima di THC, è molto ricca di fibre ed è quindi maggiormente adatta alla produzione di carta e stoffe
  • la Cannabis indica, è la canapa indiana che contiene la percentuale maggiore di THC ed è particolarmente adatta all’uso medico
  • la Cannabis ruderalis, è la canapa selvatica, cresce spontaneamente e il suo contenuto di THC è maggiore di quello della canapa comune ed inferiore a quello della canapa indiana.

La Cannabis contiene più di 400 composti chimici, i più importanti sono i cannabinoidi, molecole costituite da un terpene unito a un resorcinolo, o secondo una diversa nomenclatura, da un sistema ad anello benzopiranico. Tra i composti identificati, più noti, troviamo: il tetraidrocannabinolo (THC), il cannabidiolo (CBD), il cannabigerolo (CBG) e il cannabinolo (CBN). Queste sono sostanze chimiche, cannabinoidi, derivanti dalla pianta si legano a specifici recettori nel corpo umano. Possono essere distinti in endogeni ed esogeni. I cannabinoidi endogeni sono prodotti naturalmente dal nostro organismo ed interagiscono con i recettori dei cannabinoidi per regolare diverse funzioni di base, come umore, appetito, dolore, sonno ed altro ancora; i cannabinoidi esogeni derivano dalla cannabis, anch’essi interagiscono con i medesimi siti di legame e producono effetti fisici e psicologici sul nostro organismo.

Tra i più importanti e noti cannabinoidi esogeni troviamo il THC, in particolare l’isomero delta-9-tetraidrocannabinolo, e il CBD o cannabidiolo. Il THC è il principale responsabile delle attività: antidolorifiche, antinausea, antiemetiche, rilassanti e stimolanti dell’appetito attribuite alla Cannabis; il CBD aumenta le proprietà antidolorifiche di quest’ultimo, prolungandone la durata d’azione e diminuendone al contempo gli effetti collaterali. Il CBD, inoltre, contribuisce alla riduzione della pressione endooculare ed è dotato d’interessanti proprietà anticonvulsive, sedative ed antipsicotiche, possiede attività analgesiche e antiinfiammatorie mediate dall’inibizione delle ciclossigenasi e lipossigenasi. A differenza del THC non possiede proprietà psicoattive, ma anzi ansiolitiche, ed è, inoltre, in grado di attenuare l’effetto euforizzante e l’ansietà indotta dal THC, motivo per cui viene spesso associato a quest’ultimo nei preparati. Come per tutte le droghe vegetali, anche per la cannabis, l’effetto della droga si differenzia da quello dei diversi principi attivi. In particolare si è visto che il THC possiede proprietà euforizzanti, mentre la droga in ‘toto’ proprietà sedative. I cannabinoidi interagiscono con il sistema degli oppioidi endogeni, possono incrementarne la sintesi o il rilascio e influenzare l’espressione del gene codificante per questi analgesici naturali, sia nelle zone del cervello coinvolte nella percezione del dolore sia in quelle del midollo spinale che regola l’attività motoria.

I RECETTORI PER I CANNABINOIDI (CB1 e CB2)

All’inizio degli anni ’90 sono stati individuati due recettori specifici per i cannabinoidi: CB1 e CB2. Il CB1 si trova per lo più nel SNC, nei neuroni periferici e in tessuti non neuronali. Il CB2 si trova, invece, nelle cellule del sistema immunitario, nella zona periferica della milza, nel pancreas e nei tessuti linfonodali. La diversa collocazione dei due recettori, CB1 e CB2, spiega il ruolo e gli effetti dei cannabinoidi a livello centrale e nel sistema immunitario. La stimolazione dei recettori CB1 rende conto degli effetti euforizzanti dei cannabinoidi ma anche della loro azione antiemetica, antiossidante, ipotensiva, immunosoppressiva, antinfiammatoria, analgesica, antispastica e stimolante dell’appetito. La stimolazione dei recettori CB2 sembra essere responsabile principalmente della azione anti-infiammatoria e immunomodulatrice dei cannabinoidi. Alla scoperta dei recettori, ha fatto seguito quella dei ligandi endogeni, di cui i più importanti sono:

  • L’anandamide: primo endocannabinoide scoperto dagli scienziati. Il suo nome deriva dal termine “ananda”, una parola sanscrita che significa benessere, gioia. Si trova in concentrazioni più elevate intorno alle zone del corpo più distanti dal cervello.
  • Il 2-arachidonilglicerolo: presente in concentrazioni più elevate a livello del cervello.

Questi endocannabinoidi sono chiamati neurotrasmettitori a “rilascio puntuale” perché sintetizzati solo quando il corpo li richiede, essi modulano l’attività nei sistemi cerebrali coinvolti nel tono dell’umore, controllo motorio, dolore, attività endocrina e cardiovascolare. Esistono molti altri endocannabinoidi, ma il loro ruolo non è ancora del tutto noto. La ricerca ha dimostrato che il cannabinoide THC si lega ad entrambi i recettori (CB1 e CB2), attivando in ambo i casi il sistema endocannabinoide. Il CBD, invece, non ha la capacità di legarsi a tutti i recettori, ma agisce inibendo l’enzima FAAH. Se da una parte il THC provoca effetti psicoattivi a livello cerebrale, dall’altra il CBD agisce a livello corporeo. Tuttavia, la ricerca sui possibili benefici terapeutici di quest’ultimo cannabinoide è solo agli inizi. Oggi sappiamo per certo che aiuta nelle terapie per trattare alcuni problemi di salute gravi, inibendo la crescita di cellule tumorali, riducendo e prevenendo le infiammazioni, la nausea, il diabete, il DPTS, l’artrite reumatoide, l’epilessia e le malattie cardiovascolari. Inoltre, ha dimostrato di avere efficaci proprietà antipsicotiche, ansiolitiche ed antidolorifiche contro spasmi muscolari o dolori neuropatici.

LEGISLAZIONE

  • In Europa, da tempo si sta assistendo ad una progressiva liberalizzazione della cannabis. I paesi che hanno consentito la prescrizione e liberalizzazione della cannabis a scopo terapeutico, sono diversi.
  • L’Olanda viene considerato il paese della cannabis per eccellenza. La detenzione fino a 5 grammi non prevede sanzioni, nonostante formalmente la marijuana non sia legale. È comunque tollerato il consumo nei noti Coffee Shop. Al di fuori di questi spazi, invece, il superamento della quantità consentita è punito con pene variabili.
  • In Germania è consentito l’uso di cannabis dietro prescrizione medica, così anche in Lussemburgo.
  • Diversa è la questione in Francia, dove per la legalizzazione della cannabis a scopo terapeutico, si nutrono ancora dei dubbi; tuttavia un giurista, Renaud Colson, docente all’Universita’ di Nantes, e ricercatore presso l’Istituto universitario sulle dipendenze di Montréal, in Canada sostiene che, sebbene la cannabis sia illegale, alcuni derivati della pianta, a condizione che abbiano un contenuto di THC inferiore allo 0,3%, ed il CBD, vengano utilizzati per tisane, oli e liquidi per sigarette elettroniche, soprattutto per il potere calmante di queste sostanze.
  • In Spagna, invece, fumare cannabis e derivati è possibile grazie ai Social Cannabis Club, diffusi su tutto il territorio spagnolo. Per comprendere come siano nati questi club occorre fare qualche passo indietro. In Spagna, da qualche anno, non vige il proibizionismo assoluto, ma una legge piuttosto tollerante che permette il consumo di cannabis, la coltivazione di due piante e il possesso di una precisa dose destinata al solo uso personale. Questi club sono delle vere e proprie associazioni con un certo numero di soci, uniti dall’interesse comune di fumare marjiuana. Ogni nuovo socio che accede al club deve firmare un documento nel quale dichiara la quantità di cannabis di cui intende far uso giornalmente, in modo da permetterne la coltivazione, inoltre si impegna a non acquistarla illegalmente al di fuori del club né di rivenderla al di fuori dello stesso. Nonostante la liberalizzazione della cannabis, in Spagna non è ancora concesso l’uso terapeutico della cannabis.
  • Nel Regno Unito è legale l’uso terapeutico della cannabis. Tuttavia restano illegali la prescrizione delle infiorescenze e l’uso ricreativo della stessa. E’ consentito infatti l’uso di due farmaci a base di cannabis: Sativex, prodotto in Gran Bretagna e il Nabilone, farmaco sintetico.

In Italia invece, il “Testo unico sulle droghe” (309/1990) è la normativa che regolamenta la prescrizione e distribuzione di medicinali stupefacenti. Il DM 23/01/2013 (GU n. 33 del 08/02/2013) modifica il DPR 309 9/10/1990 ed inserisce nella Tabella II, sezione B, i medicinali di origine vegetale a base di Cannabis (sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture). Il decreto è entrato in vigore dal 23 febbraio 2013 ed autorizza l’utilizzo terapeutico, non solo del delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), ma anche di estratti vegetali a base di Cannabis. In Italia, dal 2006, i medici possono prescrivere preparazioni magistrali contenenti sostanze attive vegetali a base di Cannabis ad uso medico, da prepararsi in strutture preposte; dal 2007, inoltre, è possibile importare preparati quali: Bedrocan, Bedrocan, Bediol, Bedrobinol, Bedrolite, Bedica e Sativex.

Lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze è la struttura autorizzata alla fabbricazione di infiorescenze di cannabis in osservanza delle norme di buona fabbricazione (Good manufacturing practices-GMP) secondo le direttive dell’Unione europea, provvede alla coltivazione e alla trasformazione della cannabis in sostanze e preparazioni vegetali per la successiva distribuzione alle farmacie, al fine di soddisfare il fabbisogno nazionale di tali preparazioni e per la conduzione di studi clinici. Per assicurare la disponibilità di cannabis ad uso medico e garantire la continuità ai pazienti già in trattamento, l’Organismo statale per la cannabis può autorizzare l’importazione di quote di cannabis da conferire allo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, ai fini della trasformazione e della distribuzione presso le farmacie.

Il decreto ministeriale del 9 novembre 2015:

 “ a)  autorizza la coltivazione delle piante di cannabis da utilizzare per la produzione di medicinali di origine vegetale a base di cannabis, sostanze e preparazioni vegetali;

  1. b) individua le aree da destinare alla coltivazione di piante di cannabis per la produzione delle relative sostanze e preparazioni di origine vegetale e la superficie dei terreni su cui la coltivazione e’ consentita;
  2. c) importa, esporta e distribuisce sul territorio nazionale, ovvero autorizza l’importazione, l’esportazione, la distribuzione all’ingrosso e il mantenimento di scorte delle piante e materiale vegetale a base di cannabis, ad eccezione delle giacenze in possesso dei fabbricanti di medicinali autorizzati;
  3. d) provvede alla determinazione delle quote di fabbricazione di sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis sulla base delle richieste delle Regioni e delle Province autonome e ne informa l’International Narcotics Control Boards (INCB) presso le Nazioni Unite.

 I coltivatori autorizzati ai sensi del comma 1, lettera                                

  1. consegnano il materiale vegetale a base di cannabis, nei tempi e modi definiti nel provvedimento di autorizzazionealla  coltivazione,  al Ministero della salute, Direzione generale dei dispositivi  medici  e del servizio  farmaceutico  – Ufficio  centrale  stupefacenti, che provvede  alla  destinazione del  materiale  stesso alle   officine farmaceutiche  autorizzate per  la  successiva  trasformazione   in sostanza attiva o preparazione vegetale, entro  quattro  mesi dalla raccolta. “
  2. Per quanto concerne la prescrizione, non essendoci indicazioni terapeutiche precise sulla prescrizione di preparati a base di cannabis, il medico deve ottenere il consenso al trattamento da parte del paziente.

La prescrizione di preparati a base di cannabis deve essere rinnovata volta per volta, il farmacista acquista la sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis e ne registra la movimentazione sul registro degli stupefacenti in uso dalla farmacia. Il farmacista allestisce in farmacia, in osservanza delle Norme di Buona Preparazione (NBP), preparazioni magistrali a base di cannabis che comportino la ripartizione della sostanza attiva in dose e forma di medicamento, secondo la posologia e le modalità di assunzione indicate dal medico prescrittore. Al fine della dimostrazione della liceità del possesso della preparazione magistrale a base di cannabis per uso medico, copia della ricetta timbrata e firmata dal farmacista all’atto della dispensazione deve essere consegnata al paziente o alla persona che ritira la preparazione magistrale a base di cannabis.

Il Decreto Ministeriale del 9 novembre 2015,infatti, prescrive la cannabis ad uso medico nel «dolore cronico e quello associato a sclerosi multipla oltre che a lesioni del midollo spinale; alla nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa; l’effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette».

La prescrizione di preparati magistrali a base di cannabis è regolamentata dalla legge 94 del 1998, la quale decreta che:

“Il medico deve ottenere il consenso del paziente al trattamento medico e specificare nella ricetta le esigenze particolari che giustificano il ricorso alla prescrizione estemporanea. Nella ricetta il medico dovrà trascrivere, senza riportare le generalità del paziente, un riferimento numerico o alfanumerico di collegamento a dati d’archivio in proprio possesso che consenta, in caso di richiesta da parte dell’autorità sanitaria, di risalire all’identità del paziente trattato.

Le ricette sono trasmesse mensilmente dal farmacista all’azienda unità sanitaria locale o all’azienda ospedaliera, che le inoltrano al Ministero della sanità per le opportune verifiche”

Inoltre ogni regione ha emanato delle normative per regolamentare le modalità di acquisto del principio attivo nelle farmacie e la rimborsabilità del prodotto.

In dettaglio, nella regione Marche con la legge regionale 7 agosto 2017 n. 26: “uso terapeutico della cannabis”, si afferma che: la prescrizione di tale medicamento è a carico del MMG, medico specialista e pediatra di libera scelta, secondo le modalità previste dalla legge statale; la distribuzione del prodotto alle farmacie ospedaliere o – nel caso in cui le strutture pubbliche ne fossero sprovviste – agli esercizi farmaceutici del territorio. La spesa per l’erogazione di medicinali cannabinoidi è a carico del servizio sanitario se la prescrizione è effettuata in base a un piano terapeutico redatto da un centro autorizzato e in mancanza di valide alternative. Il medico prescrittore deve compilare un documento: una scheda di raccolta dati dell’ISS con validità di piano terapeutico. In questo documento sono presenti i dati del medico prescrivente, il codice alfanumerico identificativo del paziente, la data di inizio della terapia e la durata, la posologia in peso della cannabis, la modalità di assunzione e l’esigenza di trattamento.

Nelle Marche la distribuzione di farmaci a base di cannabis terapeutica, può essere effettuata dalle farmacie ospedaliere tra le quali quella dell’Inrca, oltre che da alcune farmacie private con laboratorio galenico, rispettando i rigidi protocolli previsti.

http://www.centropagina.it/ancona/cannabis-terapeutica-punto-nelle-marche/

http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_4589_listaFile_itemName_2_file.pdf