Dal sito Pharmastar: La cannabis medicina potrebbe non ridurre efficacemente l’uso di oppiacei o il dolore in soggetti con dolore cronico non oncologico. E’ quanto evidenzia uno studio presentato al World Congress on Pain 2018, tenutosi tra il 12 e il 16 settembre a Boston, Massachusetts.
Al paziente con dolore devono essere fornite terapie volte sia a ridurre il sintomo dolore a un livello di accettabilità (al disotto della sua personale soglia di interferenza), sia tali da consentirgli di migliorare la propria autonomia quotidiana (riduzione della disabilità).
Per questo studio prospettico, denominato POINT, nel 2012 e nel 2014 sono stati arruolati 1514 soggetti a cui sono stati prescritti farmaci oppioidi per il trattamento del dolore cronico non oncologico.
Sono stati confrontati i dati dei soggetti che avevano iniziato ad assumere la cannabis terapeutica durante il periodo dello studio rispetto a quelli che non l’avevano iniziata e rispetto a chi la usava al basale.
I partecipanti allo studio sono stati intervistati all’inizio dello studio e una volta all’anno per 4 anni per determinare l’insorgenza e la durata del dolore cronico, l’uso di cannabis (durata, ultimi 12 mesi e mese precedente), presenza di comorbidità relative alla salute mentale (cioè disturbo d’ansia generalizzato e depressione) e dose di oppioidi (in equivalente di morfina orale).
I risultati hanno mostrato che dei 1514 partecipanti, 1 su 8 aveva usato la cannabis per tutta la durata dello studio e 1 su 10 riportava l’uso nel mese precedente. La maggior parte parlava di utilizzo per sollievo dal dolore. I pazienti che avevano iniziato ad usare la cannabis durante il periodo dello studio erano tendenzialmente più anziani ed erano di sesso femminile rispetto a chi riportava l’utilizzo dal basale. Non è stata riportata alcuna riduzione nella pain interference o nella dose di oppioidi nei soggetti che usavano la cannabis.
Dei 1514 pazienti, 295 pazienti (24%) usavano la cannabis anche per gestire il dolore al follow-up di 4 anni.
La percentuale di partecipanti che manifestava interesse nell’ utilizzare la cannabis per il dolore è risultata aumentata dal 33% (364 partecipanti) del basale al 60% (723 partecipanti) al follow-up a 4 anni.
I pazienti che usavano cannabis al follow up di 4 anni avevano un punteggio di severità del dolore più elevato (rapporto rischio [RR], 1,14 [IC 95%, 1,01-1,29] per chi la usavano meno rispetto a un RR 1,17 [IC 95%, 1,03-1,32] per chi la usava giornalmente. I punteggi di interferenza del dolore erano più elevati (RR 1,21 [IC 95% 1,09-1,35] e RR 1,14 [IC 95% 1,03-1,26], come anche i punteggi di gravità del disturbo d’ansia generalizzato (RR, 1,07 [IC 95% , 1.03-1.12] e RR, 1.10 [95% CI, 1.06-1.15], rispettivamente).
L’analisi di regressione logistica non ha indicato la presenza di un’associazione temporale tra intensità del dolore di interferenza e l’uso di cannabis. L’uso di cannabis non è stato trovato associato a una riduzione dei tassi di uso di farmaci oppioidi o ad effetti antiparassitari.
“Con l’aumento del consumo di cannabis a scopi medicinali a livello globale, è importante condurre studi clinici ampi e ben progettati, che includano persone con comorbilità complesse, per determinare l’efficacia della cannabis per il dolore cronico non oncologico”, hanno concluso i ricercatori.
Campbell G, Hall W, Nielsen S, Lintzeris N, Bruno R, Peacock A, et al. Cannabis use, pain and prescription opioid use in people living with chronic non-cancer pain: findings from four years of follow-up of the POINT cohort. Presented at the World Congress on Pain 2018; September 12-16, 2018; Boston, MA. Poster 63812.
Campbell G, Hall WD, Peacock A, et al. Effect of cannabis use in people with chronic non-cancer pain prescribed opioids: findings from a 4-year prospective cohort study. Lancet Public Health. 2018;3(7):e341-e350.
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